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Un vecchio adagio popolare recita “Fai del bene e dimenticatene”. Lo spirito di UCGC è poi fondamentalmente questo. Esaurito il periodo di raccolta ognuno di noi torna semplice tifoso mischiato ad altri tifosi e i beneficiari degli abbonamenti UCGC neppure sanno chi siamo e magari li potremmo avere nel posto accanto allo stadio. Qualche volta ci siamo trovati allo Store proprio nei giorni durante i quali si sottoscrivevano i nostri abbonamenti, ma mai ci siamo fatti riconoscere (se non dai responsabili di struttura che ci forniscono il numero degli abbonamenti che richiedono) o abbiamo in qualche modo lasciato intendere loro che eravamo quel tramite che aveva permesso a tutti i tifosi Genoani di mandarli allo stadio. Perché, al di là dell’idea partorita da Lorenzo e dal supporto che in diversi gli forniamo da anni, noi siamo solo un piccolo ponte tra loro e voi che donate. Abbiamo conosciuto, ad esempio, i favolosi educatori del CESTO e li abbiamo visti con i loro coloratissimi ragazzi in sud, gioiosi, chiassosi, fantastici. L’esperienza più esaltante però, l’abbiamo vissuta negli ultimi due anni di raccolta con la MB, allorquando i beneficiari (nello specifico di una struttura psichiatrica diurna), si sono affiancati a noi nella raccolta fattiva allo stadio. Sapientemente guidati dagli operatori si sono rivelati fantastici raccoglitori, in alcuni casi veri e propri mastini che hanno seguito, irretito, adulato, affascinato le persone in coda, al punto da riempire la MB all’inverosimile. Ho un ricordo bellissimo di tutti loro…ragazzi con qualche problema in più, in alcuni casi depressi o passivi, che si illuminavano con la MB tra le braccia e sorridevano, si lasciavano andare a racconti, confidenze mentre con il loro disarmante “Ciao, la fai un’offerta?” rincorrevano i potenziali donatori. Molti li vedete nelle foto che le validissime Emanuela Mirrione prima ed Elena Poggio ora, ci mandano al termine di ogni partita. E sono sempre sorridenti, allegri, tifosi fierissimi, Genoani. Per loro lo stadio è finalmente quell’opportunità, quel momento condiviso con tanti, quella fuga dalla solitudine nella quale talvolta la mente, per svariati motivi, ci porta a vivere. Anche e soprattutto per loro andiamo avanti e vorremmo rivederli al loro posto il prossimo campionato. Un bacione ragazzi…so che Elena vi leggerà questo mio scritto. UCGC vi vuole bene! Rita
Miccoli, pubbliche scuse e lacrime, la Falcone: "Non ha parlato con me" (da: repubblica.it). Il bomber del Palermo dopo le intercettazioni in cui offende la memoria di Falcone: "Da tre notti non dormo, sono distrutto. Sono contro la mafia, ho frequentato tutti cercando vera amicizia". "Ho parlato con Maria Falcone", lei smentisce: "Non è vero ma non deve chiedere scusa a me, deve farlo con i siciliani". PALERMO - Solo il tempo chiarirà le lacrime di Miccoli. Se siano state quelle di chi si è pentito o quelle di chi si è ritrovato in un gioco più grande di lui. L'ex capitano del Palermo ha portato avanti la conferenza stampa tra i singhiozzi. Fermando più volte le parole che stava usando per spiegare come mai sia finito nell'occhio del ciclone nell'ultimo periodo, dopo la pubblicazione delle intercettazioni in cui offendeva la memoria del giudice Falcone. "Non dormo da tre giorni - dice il giocatore in avvio di conferenza stampa - sono uscite cose che non penso. E ho dimostrato con i fatti che non sono un mafioso e che sono contro la mafia. Ho dimostrato nel ventesimo anniversario della morte di Falcone partecipando con magistrati e tanti altri al ricordo del giudice. Sono qui per chiedere scusa alla città. Sono un padre di famiglia e cerco di fare crescere i miei figli nella legalità. Sono un calciatore e non un mafioso". Nel merito delle ipotesi di reato per cui è indagato e per le parole al centro delle intercettazioni che hanno alzato il polverone ("Quel fango di Falcone") l'avvocato di Miccoli Francesco Caliando chiarisce che "non potrà rispondere nei particolari a queste domande perché sono vicende inserite in un quadro indagatorio ancora in corso. Abbiamo delle responsabilità verso gli inquirenti e su questo argomento non possiamo rispondere". Miccoli non potrebbe parlare nemmeno delle altre intercettazioni, quelle in cui dice al nipote del boss Matteo Messina Denaro, Francesco Guttadauro, di non andare a Boccadifalco. Ma a chi lo accusa di avere intrattenuto rapporti con persone poco limpide risponde in modo diretto. "Non sono mai stato a mangiare alle Vecchie Mura - dice - in 6 anni sono andato in discoteca tre volte e l'ho fatto ad agosto con il campionato fermo. Poi solo campo e allenamento. Sono andato spesso a caccia il lunedì mattina con un ispettore di polizia, sono andato a pesca con ispettori della Digos, non ho mai frequentato persone con secondi fini. Non ne avevo bisogno. Chi conosce il campo dove ci alleniamo sa che è una struttura militare e che nessuno può entrare. Forse ho sbagliato a usare la parola sbirri. Ma ho avvisato anche il figlio poliziotto della mia tata per dirgli che era inutile che venisse perché non avrebbero fatto entrare nessuno". Miccoli ha raccontato anche di avere parlato con Maria Falcone. "Avevo già contattato la signora - dice - e da lei sono arrivate bellissime parole. Mi ha detto che bastava chiedere scusa a tutta la città e non a lei come sorella di Falcone. A lei chiedo di essere presente in una delle sue asssociazioni come testimonial della legalità". Ma la signora Falcone smentisce contatti: "Non è vero che Fabrizio Miccoli ha parlato con me. Voleva farlo, ma non abbiamo parlato. Ha cercato di contattarmi per chiedermi scusa". dice la sorella del magistrato, in partenza per un viaggio a Parigi. "Miccoli non deve chiedere scusa a me. Deve chiedere scusa a Giovanni, ai siciliani, ai tanti tifosi che hanno creduto in lui". Miccoli ha raccontato anche le oltre 4 ore di interrogatorio che lo hanno segnato. "Sono uscito da lì che ero un altro Fabrizio - spiega - sono una persona che adesso imparerà a prendere solo le cose positive della vita. A 34 anni (oggi è il suo compleanno, ndr) devo mettere da parte ingenuità, sciocchezze e cercare di legato di più ai veri valori della vita: mia moglie e la mia famiglia". Nella lunga conferenza stampa, seduto in una saletta stracolma di cronisti in mezzo ai suoi avvocati, Miccoli ha parlato anche dell'aspetto sportivo della vicenda. "Non temo che la mia carriera possa finire qui - sottolinea - quello che verrà prenderò. Ho un desiderio che tengo per me e se ci saranno i presupposti giusti sarò contento. Mi dispiace solo che sia finita così con il Palermo. Con Zamparini abbiamo fatto come marito e moglie che litigano. In questa stagione avevamo bisogno l'uno dell'altro e invece non ci siamo parlati. Quando ce ne siamo accorti era troppo tardi. Ho parlato con Gattuso tempo fa. Eravamo compagni di squadra in Nazionale e so che è una persona eccezionale. Spero che possa riportare il Palermo in A, nel campionato che merita". Poi ancora tantissime lacrime. Sotto, Ravenna-Genoa, una decade fa
Lucca United – il logo Lucchese Libertas di nuovo sulle maglie (da: supporters-in-campo.org). Un grande risultato raggiunto dai ragazzi di Lucca United, che acquistarono il marchio “Lucchese Libertas” nella procedura fallimentare. Nei giorni scorsi Lucca United ha raggiunto l’accordo per l’utilizzo del marchio, che rimane di proprietà della cooperativa Lucca United, da parte del Club. E’ fatta! Il marchio Lucchese Libertas torna sulle maglie Quasi all’ultima curva, quando in molti, ormai, non ci speravano più. La Lucchese e Lucca United hanno trovato l’accordo pochi minuti fa che consentirà alla squadra rossonera di iscriversi con la storica denominazione e con sul petto il marchio che ha fatto sognare una città per decenni e decenni. L’incontro, praticamente sul filo di lana dei tempi visto che entro il 25 giugno la Lucchese deve trasmettere agli organi federali il cambio di denominazione, si è concretizzato durante una riunione tenutasi allo stadio e durata oltre un’ora. L’accordo è stato raggiunto alla presenza del presidente di Lucca United Galligani, del vice Pacin, di Mimmo Tosi e di Roberto Ambrogi, per la Lucchese erano presenti il presidente Giannecchini, il direttore generale Rosadini e il socio Zappelli. L’accordo prenderà la forma di una concessione e non quella del comodato come sembrava in un primo momento. “E’ un’altra tappa fondamentale nel percorso del nostro progetto iniziato due anni – dichiara Nicola Giannecchini – sono molto contento. Ho sempre pensato che ce l’avremmo fatta. Perché? Perché da entrambe le parti pensiamo al bene della Lucchese”. “E’ un accordo in extremis – dichiara Galligani – che avrà durata quinquennale, ma rinnovabile. E’ è stata tolta l’ipotesi di cedibilità del marchio, la Lucchese ha accettato la nostra richiesta che sia incedibile per sempre. Sul merchandising abbiamo trovato una soluzione che ci consentirà l’utilizzo solo per dei prodotti o eventi con marchio Lucca United. Di più: se dovesse malauguratamente giungere una nuova mancata iscrizione e delle procedure concorsuali come in passato, decadrà l’utilizzo del marchio stesso. L’abbiamo dichiarato l’anno scorso al momento di rilevare il tutto dal curatore: il nostro obiettivo era questo, ora possiamo dire di averlo raggiunto. E’ un accordo che tutela entrambi le parti. C’è grande soddisfazione e va dato atto che la Lucchese non ha lasciato nulla di intentato”. Il marchio e il logo Lucchese Libertas 1905, come si ricorderà, era stato acquistato dalla cooperativa dei tifosi di Lucca United direttamente dal curatore fallimentare della società che fu di Valentini e Giuliani nell’estate scorsa. Da allora gli abboccamenti per trovare un accordo che consentisse di poter rivedere sulle maglie lo storico stemma sono stati innumerevoli, l’epilogo è arrivato quasi sul filo di lana. Una storia andata a buon fine. Che bello. Sotto, Manchester nel 1977 e nel 2007
Lo sport negato agli "under 10", quando l'immigrato è fuori gioco (da: repubblica.it). Per i ragazzi stranieri che vivono in Italia è praticamente impossibile fare attività agonistica: l'associazione "Rete G2- Seconde Generazione" prova a trovare con il Coni una soluzione al problema. Ci sono ragazzi stranieri che vivono in Italia, ma faticano a fare una delle cose più belle soprattutto quando si è piccoli: praticare sport a livello amatoriale e agonistico insieme ai propri coetanei che hanno la cittadinanza del nostro Paese. E non si tratta dei professionisti, fermati dalle norme che limitano l'afflusso di extracomunitari nelle formazioni dei club di vertice. Il problema riguarda bambini e giovani che chiedono solo di potersi iscrivere senza troppi ostacoli alla squadra del quartiere o alla società sportiva più vicina a casa. Per questo motivo, la "Rete G2 - Seconde Generazioni", associazione che riunisce i figli di immigrati e rifugiati politici cresciuti in Italia, ha lanciato una proposta che, una volta definita con precisione, sarà girata al Coni e alle Federazioni sportive: permettere ai ragazzi, arrivati nel nostro Paese a meno di 10 anni, di tesserarsi a società o associazioni sportive seguendo le stesse procedure di un giovane italiano. Ne ha parlato una rappresentante della Rete G2, l'italo-palestinese Noura Tafeche, ai recenti Stati Generali dello Sport che si sono tenuti a Milano presso la Fabbrica del Vapore. In questa giornata, organizzata proprio per stimolare un confronto sulle esigenze dell'attività sportiva di base, Noura ha parlato della sua idea che è stata recepita nella sintesi finale della giornata alla quale ha partecipato l'Assessore allo Sport di Palazzo Marino, Chiara Bisconti. Nei prossimi giorni la bozza sarà limata e diventerà un documento ufficiale (la Rete G2 sta anche cercando di fare il possibile per organizzare un secondo derby tra ragazzi di seconde generazioni con maglie di Inter e Milan a San Siro, bissando la partita disputata nei mesi scorsi). Questa riforma permetterebbe a tanti ragazzi di liberarsi dal piccolo grande incubo di dover rinunciare per qualche mese o anno alla propria attività sportiva. Le norme di alcune federazione impongono ai giovani stranieri di presentare una documentazione supplementare per fare sport a livello agonistico: talvolta servono certificati da richiedere al Paese d'origine dei genitori. Immaginabili le lentezze burocratiche per avere un'autorizzazione dall'altra parte del mondo, in Africa o Sud America. La situazione attuale rappresenta giù un passo avanti rispetto a quanto accadeva fino a metà dello scorso decennio, quando i ragazzi dovevano aspettare due anni dopo il loro arrivo in Italia per potersi iscrivere a una squadra sportiva in molte federazione. Alcuni rappresentanti del Coni fanno notare che adesso le cose vanno molto meglio e il problema in realtà riguarderebbe solo poche federazioni. Mentre i dirigenti di alcune discipline, ad esempio la pallanuoto, iniziano a favorire l'inserimento degli extracomunitari minorenni residenti in Italia nelle formazioni dei massimi campionati. Le norme di contrasto sono nate per limitare la tratta di giovanissimi talenti da parte dei club professionistici per esigenze di tutela della dignità umana (facile che questi ragazzi si perdano se non riescono a sfondare) e dello sviluppo di atleti italiani. Ma queste prescrizioni regolamentari finiscono per danneggiare ragazzi che vogliono semplicemente praticare il loro sport, allenandosi e gareggiando con i coetanei italiani. In questo modo si rischia di depotenziare uno degli strumenti più formidabili di integrazione: lo sport. Le cronache recenti hanno raccontato dei casi di Balotelli, Okaka od Ogbonna, costretti ad aspettare il 18° anno di età per acquistare la cittadinanza e giocane in Nazionale. Oppure del caso di giovani atleti stranieri, residenti in Italia, che gareggiano nei campionati di atletica ma non possono essere premiati se arrivano tra i primi tre perché non hanno la nostra nazionalità. Questa è la punta di un iceberg più diffuso. Due ministre del governo Letta, Cecile Kyenge e Josefa Idem, hanno fatto proposte molto interessanti per fare un passo avanti: l'introduzione dello ius soli (sebbene temperato da alcune contromisure come accade in quasi tutt'Europa quando è previsto) e la concessione della cittadinanza per meriti sportivi. L'idea della Rete G2 si inserisce in questo dibattito: un nuovo tesseramento che aiuterebbe tanti bambini arrivati in Italia in un'età che rende insospettabile la ricerca del campione in erba. Una cittadinanza sportiva a tutti gli effetti che permetterebbe di attendere con minore impazienza quella vera. E sarebbe un bellissimo antidoto alla malinconia, più facile da dimenticare dopo un gol segnato con la maglietta della squadra del quartiere.
E fu così che nelle allora magnifiche serate organizzative in casa Maura (sarebbe da fare un amarcord a parte solo per descrivere la location e la porta di ingresso dell'appartamento del capo tapezzata da cima a fondo di adesivi del Genoa), allo zoccolo duro (e vecchio) di UCGC, venne in mente di raccogliere fondi tra i Genoani nel modo più classico, ossia la scatola. Naturalmente, visto che l'ideatore di UCGC era sul net conosciuto come Magorossoblù, venne spontaneo chiamarla Magic Box...Scatola Magica....Scatola regala sogni... Le primissime raccolte le effettuammo durante le due partite di coppa Italia, agosto torrido, e utilizzammo delle improbabili (e improponibili) scatole di recupero schotcchate all'inverosimile per tenerle insieme e tapezzate di volantini della nostra iniziativa che Carlo, il tipografo, aveva gentilmente stampato per noi. La situazione era più o meno questa: schieramento a testuggine (non è vero ma non mi veniva in mente altro tipo di schieramento): quattro membri di UCGC in Nord (Lorenzo ed io sempre insieme, lato Bisagno), due in sud, due nei distinti e due in Tribuna. Il piano era più o meno questo: uno attaccava gli entranti, sfinendoli di parole per spiegare chi eravamo e per consegnare il volantino e l'altro stile allenamento di un portiere, correva da un estremo all'altro dell'ingresso con la MB in mano e tentava di non farne passare neppure uno senza che avesse almeno donato una moneta. Non ricordo quanti euro raccogliemmo in quelle due occasioni. So solo che, a partita iniziata, ci ritrovammo su un tappeto di volantini gettati per terra all'ingresso della Nord lato Bisagno, a svuotare le scatole e a contare una infinità di monete. Era straordinario quanto era accaduto. Da qui pensammo di provare, l'anno seguente, a raccogliere anche durante la campagna abbonamenti. Sono stati anni magnifici, faticosissimi, massacranti ma ricchi di soddisfazione. Ore e ore in piedi sul piazzale dello stadio dove, nelle ore più calde, si sfioravano i 40 gradi. Gambe e piedi gonfi, ustioni di terzo grado per il sole a picco, litri di acqua bevuti e rovesciati sulla testa per resistere al caldo, ma il sorriso sempre aperto verso chi era in coda e poi donava. E verso anche chi faceva finta di parlare al telefono pur di evitarci, oppure correva verso un improbabile appuntamento "ho fretta, ho fretta...scusa poi passo", o ci raccontava di aver già dato il giorno prima. E noi sempre lì a sorridere e ringraziare comunque. Se andate sul nostro sito nella sezione Gallery, troverete centinaia di foto scattate alla gente e tra la gente che donava. E i sorrisi, gli abbracci e le attestazioni di stima, affetto e fiducia, negli anni crebbero e si consolidarono. Tre piccoli aneddoti. Il primo riguarda un ragazzo (Rickypedia ricorderà il nome) che tutte le sere alle sei fermava la moto oltre i cancelli del Ferraris, entrava con il suo casco in testa, metteva la sua offerta nella MB e andava via. Tutte le sere nei giorni di raccolta per tutti gli anni in cui si è raccolto allo stadio. Un folle, adorabile, vero Genoano. E poi le famose gare di raccolta, il record di giornata. E qui l'abilità di Lorenzo (è psicologo mica per ridere) la fece da padrone. Ogni singola giornata di raccolta, assegnate le coppie di turno, ci poneva in condizione di voler far meglio di chi aveva raccolto precedentemente. Talvolta era proprio una "battaglia"...leggende narrano che diversi sborsarono cinquantoni nella MB, per vincere il suddetto record. Vere o false che siano tali leggende, fece bene alla raccolta e, conseguentemente, ai beneficiari degli abbonamenti UCGC. (Lore...te lo confesso ora...ci è mai fregato nulla della gara...fingevamo tutti di crederci per far divertire te). Il ricordo più bello? La prima gara dei preliminari di Europe Legue, Genoa Odense, 18 agosto 2009. Si faceva raccolta fuori dallo stadio, accresciuta anche dalla vendita dei gadget UCGC. Un mazzo epocale di cui narrerò in altro momento. Lo stadio era già gremito, la partita iniziata e noi fuori a riporre i banchetti, la merce e a raccogliere i soldi di tutte le MB (mezzora di lavoro). E proprio mentre caricavamo le auto, nel parcheggio di fronte, dei nostri preziosi oggetti ci fu il boato. Il primo gol del Genoa in Europa...Moretti (e non mi venite a dire che fu autorete, poichè nel nostro immaginario rimarrà per sempre un gol straordinario) e noi non lo avevamo visto. Ci abbracciammo urlando come pazzi, ridendo e piangendo allo stesso tempo. Il primo gol in Europa e la truppa UCGC lo aveva perso. Ma ne valse la pena. Ne vale sempre la pena.... Rita
Un pochino di amarcord per rinfrescare la memoria sugli scopi precipui di UCGC. Mi innamorai di questa iniziativa voluta e creata da Lorenzo Maura, semplicemente leggendone su Internet. Io, semplice maestra, ma proiettata da sempre verso tutto ciò che può essere di aiuto e supporto alle fasce deboli, trovai geniale e significativo il fatto che attraverso lo stadio e il Genoa, si potesse offrire l’opportunità, a chi diversamente avrebbe mai potuto, di sentirsi almeno per un giorno uguale agli altri, parte integrante di un microcosmo eterogeneo quale è uno stadio durante una partita di calcio; a maggior ragione trattandosi del Genoa, squadra che amo e per cui tifo da sempre. La mia e un'altra classe della scuola dove insegno, avevano partecipato ad un concorso per le scuole dell’ACG e con l’occasione avevano vinto 25 magliette originali del Genoa. Non volendo far torti ad alcuno per la spartizione di queste maglie, i bambini ed io decidemmo di regalarle a qualcuno che ne avrebbe gioito ancor più di noi. Fu così che conobbi Lorenzo che contattai e a cui offrii le maglie affinchè le destinasse a quei pazienti che avevano vissuto l’esperienza stadio attraverso le tessere donate con la prima edizione di UCGC. Da qui nacque la mia collaborazione con lui per UCGC. E nacque tra di noi anche l’idea di coinvolgere le scuole, soprattutto le medie inferiori e superiori in detta iniziativa. Decidemmo che alcuni Istituti Scolastici di Marassi fossero i più indicati allo scopo. E’ quartiere estremamente popoloso e popolare ad alto flusso migratorio; conosco bene il contesto socio culturale del territorio, poiché ci vivo e lavoro. Molti ragazzini, soprattutto stranieri, oltre alla scuola hanno pochissime occasioni di svago e divertimento e se non passano il tempo dopo la scuola chiusi in casa, lo trascorrono in strada. E il passo per infilarsi in qualche situazione non adeguata è brevissimo. Fu così che contattammo i dirigenti di diverse scuole e offrimmo gli abbonamenti UCGC. Rinunciai alla mia amata Nord per seguire le primissime partite insieme ai ragazzi a cui assegnammo le prime tessere. Fu esperienza meravigliosa che ancora oggi mi commuove. Pochissime altre volte nella mia vita professionale, ho visto entusiasmo, partecipazione e sincera integrazione in un gruppo. Anche i ragazzi che venivano considerati “difficili” trovarono in questa esperienza lo scopo, l’opportunità, l’occasione per dedicarsi a un divertimento sano, aggregante che li potesse allontanare dalla strada. O dal poco che la vita aveva concesso loro. In particolare un ragazzino con un leggero ritardo che aveva subito solo sofferenze e abusi morali, il cui faccino non sorrideva mai, all’ingresso dello stadio si illuminò gioioso, stretto nella sua felpina del Genoa da mercatino e la bandiera che gli avevo portato io. Conosceva il tragitto da casa a scuola e viceversa, ma non era mai uscito dal quartiere dal momento in cui un aereo l’aveva portato a Genova da un paese molto lontano. Dall’istante in cui incontrò il Ferraris, il Tempio come lo chiamiamo noi Genoani, sembrò quasi realizzare un sogno che intimamente coltivava: sentirsi parte di un gruppo, avere un sogno da coltivare, provare la gioia dell’attesa fino alla prossima partita e trovare nuovi percorsi per il suo cammino non più solitario. Ancora oggi, anche se sono passati molti anni, il primo abbonamento UCGC Scuole, è per lui: Genoano profondissimo senza che nessun padre gli abbia tramandato la Genoanità. E il piccolo cucciolo che conosceva solo una strada, mi ha spiegato che quando potrà permetterselo vuol girare l’Italia per seguire il Genoa in trasferta. Da quella esperienza, aumentammo gli Istituti a cui destinare le tessere e gli studenti che si sono avvicinati al Genoa e allo stadio, sono cresciuti esponenzialmente, anche in forza alla possibilità di far “girare” gli abbonamenti fra tutti gli studenti che lo desiderano. Un professore di un Istituto Tecnico tempo fa mi disse che molti ragazzi, considerati intemperanti e il cui profitto era sempre bassissimo, avevano migliorato il proprio comportamento e i propri voti, finalizzando il loro cambiamento all’ottenimento della tessera del Genoa per poter andare allo stadio. Una gara a migliorarsi per poter assistere alla partita. E’ una piccolissima goccia nel mare e non risolverà i problemi di tutti i ragazzi che avrebbero bisogno di opportunità per crescere in modo più consono e sereno, ma l’idea che nel nostro piccolo si sia riusciti a recuperare, aggregare e avvicinare al Genoa molti giovanissimi ci rende orgogliosi e fieri di far parte di un Popolo sempre attento e sensibile verso “l’altro”. Rita
In trasferta si può andare senza tessera del tifoso. Hanno vinto le curve responsabili e il Bologna, si può dire, ha dato una mano (da: playbologna.it). Un ritorno alle trasferte “libere” per tutti: l’ufficialità è arrivata oggi, con il comunicato pubblicato sul sito del Bologna, ma la notizia era nell’aria da alcuni giorni, da quando cioè era cominciata a circolare la voce di un incontro nella serata di venerdì tra la società rossoblu e i tifosi non tesserati della Curva Andrea Costa. Il voucher per le gare casalinghe e l’Away Card “Sempre con noi”, che consentirà anche ai tifosi non tesserati di poter acquistare il biglietto per il settore ospiti nelle partite in trasferta: questi i due risultati importanti, per non dire “storici”, ottenuti dai gruppi non tesserati della tifoseria rossoblu, che nel corso degli ultimi due anni avevano protestato contro l’introduzione della Tessera del Tifoso, anche a costo di grandi sacrifici, primo tra tutti il dover rinunciare ad assistere ai match lontano dal Dall’Ara. Risultati importanti, frutto di un impegno comune che ha visto unite molte tifoserie, come ha tenuto a sottolineare anche un esponente dei Forever Ultras 1974, Fabio, intervenuto ieri nel corso de “Il Pallone in Rete”, in onda su Radio Nettuno: “Rispetto alla Tessera non c’è il chip, non c’è il trattamento dei dati e l’emissione avviene direttamente da parte dalla società. In più non è un’imposizione, come la tessera, ma sono risultati ottenuti tramite un pool di avvocati a cui molte curve d’Italia si sono appoggiate dopo la dichiarazione di incostituzionalità della Tessera del Tifoso”. Il Bologna è la terza società a dotarsi di questi strumenti, a testimonianza di una certa “sensibilità” dimostrata dalla dirigenza rossoblu nei confronti della sua tifoseria non tesserata: “Ad aprire lo spiraglio è stata la Roma, a fine dello scorso campionato, creando un apposito voucher per partecipare alle ultime quattro partite. Successivamente la Fiorentina ha seguito questa strada”. E finalmente, dopo oltre due anni, in trasferta si potrà tornare ad assistere allo spettacolo garantito da tutti i gruppi della Curva Andrea Costa al gran completo: “La presenza dei tifosi in trasferta è di supporto alla squadra, ma può essere utile anche per la visibilità della città. Per anni abbiamo mandato giù bocconi amari, ora speriamo finalmente di essere arrivati in fondo al tunnel”. Il Bologna avrà bisogno di loro: e dagli spalti sicuramente non mancherà la risposta e l’abbraccio della propria tifoseria. Sotto, Milan-Juventus, campionato 1981-82, l'ultimo anno del gemellaggio con i milanisti
Staminali, bene primi test per Sla. Vescovi: "Soddisfatti e orgogliosi" (da: repubblica.it). Considerati positivi i risultati di trapianto di cellule cerebrali su sei pazienti. Il coordinatore della ricerca: a un anno dall'innesto non ci sono stati effetti negativi. La seconda fase prevede il trapianto nella zona cervicale del midollo spinale. ROMA - "Siamo soddisfatti ed orgogliosi di aver mantenuto la promessa fatta ai nostri sostenitori, ai malati e alle loro famiglie, di avviare una sperimentazione di terapia cellulare sulla Sla". Il professore Angelo Vescovi, coordinatore dei test preliminari con le cellule staminali sulla Sla, ha annunciato che si sono conclusi con esito positivo, dunque senza "effetti avversi", i primi test di trapianto di cellule staminali cerebrali su sei pazienti affetti da Sclerosi laterale amiotrofica. Obiettivo di questa prima fase era solo ed esclusivamente quello di valutare la sicurezza delle procedure di trapianto e l'innocuità delle cellule innestate. Nessuna valutazione, quindi, sull'efficacia del trapianto per influenzare il decorso della malattia. La ricerca è stata autorizzata dall'Istituto Superiore di Sanità e concepita dall'associazione Neurothon. La prima parte della sperimentazione, iniziata il 25 giugno dello scorso anno con il primo trapianto al mondo di cellule staminali cerebrali umane, scevre da qualunque problematica etica e morale, è terminata con successo a fine marzo di quest'anno. Non sono stati rilevati eventi avversi legati alle procedure mediche con risultati migliori della sperimentazione parallela in corso in Usa. "Il nostro è uno studio sperimentale condotto secondo i più rigorosi criteri scientifici ed etici, per una malattia neurologica mortale", ha aggiunto Vescovi. La sperimentazione, ha precisato il biologo, viene svolta secondo la normativa internazionale in accordo alle regole dell'European Medicine Agency e con le cellule prodotte in stretto regime di norme di buona fabbricazione, vale a dire riconosciute dalle commissioni sanitarie nazionali come idonee all'utilizzo di studi clinici, con certificazione dell'Aifa, confermando l'Italia fra i paesi che fanno test di avanguardia nell'ambito delle staminali. Alla luce dei dati preliminari dei primi test, l'Istituto superiore e l'Aifa hanno autorizzato l'avvio della seconda parte della sperimentazione che prevede il trapianto in zone più alte del midollo spinale, cioè nella regione cervicale. "La nostra ricerca - ha sottolineato Vescovi - è sostenuta da un'associazione no profit e il nostro metodo, in opera dal 1999, non è stato brevettato. Grazie al nostro metodo con pochissimi campioni di cellule fetali neuronali prelevate da aborti spontanei è possibile produrre una quantità illimitata di cellule staminali".
Val la pena dare il rinnovo a Moretti? Giudicate voi..
- da Un Cuore Grande Così
il 23/06/2013 @ 19:20 (da "La grande storia dei derby Genoa Sampdoria" di Simone Arveda e Mattia Brighenti) Prefazione di Emiliano Moretti. Gioco nel Genoa. Poche altre maglie, forse nessuna, portano con sè il peso della storia come questa. 120 anni di emozioni, battaglie, goal, lacrime, successi ed amori. E la prima volta che la indossi, la maglia rossoblù, li senti tutti. Non so spiegare la sensazione, è qualcosa di immediato e in fondo anche semplice, magico: è una responsabilità, d'accordo, ma anche un onore. Ci sono giorni in cui è tutto ancora più chiaro, nitido. Quando il calendario dice che ci siamo, che la partita è quella, il derby. Non può essere una domenica come le altre, non può essere una partita qualunque. Un professionista non deve farsi consumare dalla tensione, dalle emozioni, dalla pressione che cresce tutt'attorno. Deve allenarsi seriamente, sapersi controllare, correre e sudare sul campo come se nulla fosse. Però... Però un professionista è pur sempre un uomo. E l'uomo vive anche di sentimenti: il derby non è e non può essere soltanto la solita sfida da 3 punti. I tifosi che riempiono le gradinate di Pegli, ti fermano prima ancora di scendere dalla macchina per una pacca sulle spalle, un incitamento. Ti chiedono tutti la stessa cosa, vincere. E tu non puoi rimanere indifferente davanti a tanto calore. La loro battaglia diventa la tua. La storia, quella storia, passa anche da te. Ti chiede di esserne protagonista. Cosa sia il derby lo capisci una volta dentro gli spogliatoi, quando alla partita manca un'ora. L'aria è diversa, elettrica. L'eco dei cori delle gradinate arriva fin là sotto. Può spaventarti, può darti la carica. Di certo non può non toccarti. Poi metti il naso in campo, per il riscaldamento. Lo stadio esplode. Alla tua sinistra fischi. Dall'altra parte, dalla Nord, un grido che ti avvolge. Sei lì per fare il tuo mestiere, a quel punto il tempo comincia ad accelerare: stretching, corsette, due tocchi al pallone... La routine di ogni partita. Però qualcosa è diverso, perchè un'occhiata agli spalti la butti per forza. Torni giù, nella pancia del Ferraris, e la maglia pesa come non mai. Le ultime raccomandazioni del mister, due parole coi compagni, soprattutto i loro occhi: andiamo a vincere, ragazzi. Quando la partita comincia è il pallone a parlare. Giochi la tua partita, dai l'anima, ti nutri dell'urlo dei tifosi. L'adrenalina gira a mille. Il derby è una scarica elettrica, un intero campionato condensato in 90 minuti, magari 96... Il momento più bello è quando l'arbitro sta per fischiare la fine e capisci che hai vinto: è un attimo lunghissimo, infinito, pieno come poche altre cose al mondo. Una tifoseria impazzisce e il merito è anche tuo. Penso al 3-0 del mio primo anno in rossoblù. Milanetto, Rossi e Palladino: un trionfo, la gara perfetta. Oppure le due vittorie della stagione successiva, i goal di Rafinha e Boselli. Sensazioni forti, che non se ne vanno nello spazio di una notte. Sono fortunato, è anche per vivere emozioni come queste che un bambino sogna di fare il calciatore. Non tutti ce la fanno. Un derby non sarà una coppa, uno scudetto, una riga da aggiungere ai titoli vinti. Ma non per questo vale di meno, anzi. Pensi a Verdeal, Abbadie, Pruzzo, Branco... Gente che ha fatto la storia del Grifone e l'ha fatta anche e soprattutto vincendo queste sfide. Sai che in qualche modo vai a fargli compagnia, che anche tu ed i tuoi compagni avete regalato alla Nord lunghi momenti di gioia pura. Una pagina di storia, magari piccola, magari in un libro come questo, parla di te. Quant'è leggera e splendida, quella maglia rossoblù, in quei momenti. Gioco nel Genoa: ve l'ho detto che sono fortunato.
Josef Idem, domani l'addio? Ma chi si occuperà di sport? (da: repubblica.it). Non so quanto potrà resistere Josefa Idem, forse fino a domani: è vero che nei suoi confronti è stato usato il linguaggio molto duro, è vero che è stata ingenua a delegare ad altri le questioni fiscali, mentre lei vinceva medaglie, ma chissà sino a quando il premier Enrico Letta avrà la forza di difenderla. Dicono che il proprietario di Palazzo Chigi (dove la Idem ieri si è presentata, sbagliando, con l'avvocato) non sarebbe affatto dispiaciuto se l'ex campionessa si dimettesse. La incontrerà domani, lunedì: "E decideremo insieme: dobbiamo essere garantisti ma rispettare le regole, no al doppio standard". Parole che suonano come una (quasi) sfiducia. Anche nel Pd e nel Sel d'altronde si levano voci contro. E la colpa non è dei soliti giornalisti che hanno svelato gli "errori" della Idem e di suo marito. Una domanda: che sarebbe successo se la stessa cosa fosse capitata alla Lorenzin o alla Biancofiore? Non è successo, e ora tocca alla Idem tentare di uscirne fuori. Anche perché è titolare di un triplice ministero (pari opportunità, politiche giovanili e sport) estremamente importante, e lei sinora si era impegnata a tempo pieno, lavorando anche dieci ore al giorno. D'altronde, è il suo carattere: quando fa una cosa, la fa bene (tranne quando sbaglia a delegare...), con grinta, con impegno totale. Studiando, applicandosi. E' stato così da grande atleta, è così da ministra. Aveva dovuto sbrigarsela da sola fra mille problemi e incombenze, non avendo nemmeno un sottosegretario (dopo che la Biancofiore era stata "rimossa") che potesse aiutarla, ma Letta stava pensando di darle un vice (forse la stessa Bianconfiore, ma senza delega per le pari opportunità). Tutto fermo, in attesa di vedere cosa succederà domani. La Idem, come noto, era in quota Pd: se lasciasse, cosa succederebbe? Di sicuro, Franco Carraro (senatore Pdl) ci teneva molto al ministero dello sport... Ma si vedrà. Di sicuro, sul fronte sport la ministra aveva (ha) in programma tantissime cose da fare. Eccole. Legge 91' (del 1981) sul professionismo: è anni che se ne parla, ma non si fa mai nulla. Tranne, qualche inutile commissione. Difesa dei marchi, per poter rilanciare il merchandising dei club sportivi. Legge sugli stadi (e i palazzetti): dopo la pessima figura del precedente parlamento, la Idem aveva promosso di rivederla, di rilanciarla. C'è qualcuno nel Pd che la sta riscrivendo? Mistero. Pare che l'onorevole Dario Nardella, renziano, se ne fosse interessato. Importante l'ottimo rapporto fra la ministra e Giovanni Malagò, n.1 del Coni: la prima iniziativa era la settimana contro la violenza di genere, in programma in ottobre. La Idem inoltre avrebbe dovuto riallacciare le fila con il suo partito, il Pd, che prima delle elezioni aveva presentato un programma dedicato allo sport. Ma tutto si è fermato, improvvisamente, e ora Letta dovrà risolvere il problema. Forse in un solo modo... Sotto, Perdomo, moviola in campo
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