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Liegi - da Un Cuore Grande Così il 09/07/2013 @ 16:47

Lo Standard appartiene ai suoi tifosi (da: calcioerivoluzione.it). Qui di seguito vi proponiamo una nostra traduzione di un articolo apparso su ptb.be che partendo dalla descrizione dell'attuale situazione societaria dello Standard Liegi, squadra della serie A belga, dimostra come il calcio - anche a livelli meno importanti ed in campionati di secondo piano - rappresenti sempre più uno strumento da cui i proprietari ricavano profitti, lasciando sempre più ai margini quelli che sono i valori dello sport e gli stessi risultati sportivi, andando così in contro alle proteste di che reputa anche un club di calcio un importante attore sociale, utile alla divulgazione di modelli sociali diversi da quelli main stream.
Lo Standard appartiene ai suoi tifosi... La storia dello Standard di Liegi è segnata da due grandi caratteristiche: si tratta di un club popolare che ha dietro di sé un bel palmarès. Una storia del passato? Dopo l'arrivo di Duchatelet alla testa del club forse: è questo che temono numerosi tifosi. Quest'uomo è il quinto più ricco del paese: ama il calcio solamente finché gli può far guadagnare del denaro. Attaccati all'identità sportiva e popolare del club, i tufosi non gli lasciano spazio, e fanno bene. La logica del profitto a breve termine distrugge il lavoro nel bacino di Liegi. Allo stesso modo, rischia di distruggere lo Standard. Il passato ha comunque dimostrato che c'è posto per tre grandi club nella regione, ma dal momento che il denaro regna come principe incontrastato, il panorama calcistico è cambiato. La constatazione è sconcertante: l'Eupen appartiene a una multinazionale del Qatar, Visé a una multinazionale indonesiana, il Seraing è stato ricomprato dal club francese del Metz (il cui proprietario è Bernard Serin, padrone della Cockerill Maintenance & Ingegnerie, ndT) e lo Standard è diventato il cuore di una strategia immobiliare del suo nuovo proprietario che preferisce raccogliere soldi piuttosto che punti in classifica.
La strategia Duchatelet. Qual è la strategia di Duchatelet? Egli ha comprato il club nel Giugno del 2011 per la somma di 30 milioni di euro. Costui collabora attivamente con due altri club: St Trond nella serie D2 del campionato Belga e Ujpest nella D1 ungherese. Il presidente del St Trond è Bart Lemmens, uno dei suoi grandi amici. La compagna di Duchatelet possiede le infrastrutture immobiliari legate allo stadio del club fiammingo. Il presidente dell'Ujpest è Roderick Duchatelet, suo figlio. La sua strategia sportiva non è quella di ottenere un buon risultato, ne quella di posizionare lo Standard in alta classifica. Lo schema teorico è il seguente. Duchatelet vuole formare dei giovani nella scuola dello Standard. Li sistema a St. Trond all'età di 18 anni. Una volta che hanno acquisito un minimo di esperienza in campionato D2, li spedisce a Ujpest in Ungheria in D1. Successivamente li fa giocare nello Standard verso i 22 anni al fine di monetizzarli. Insomma, il valore del giocatore che segue questo circuito interno all'impresa Duchatelet aumenta ad ogni tappa. Anche se il cammino intrapreso dai giocatori non è sempre così lineare, una cosa è certa: Roland Duchatelet utilizza questi tra club per far salire il valore dei giocatori e ricavarne profitto.
Un'altra prova che niente gli interessa a parte il suo portafoglio sono le scelte finanziarie che ha fatto dopo il suo arrivo al club. Nel 2013 ha raccolto 20 milioni di dividendi per gli azionisti. Sapendo che è azionista della SA Standard al 99%, questa somma costituisce un bel tesoretto che gli permette, due anni dopo il suo acquisto del club, di essere largamente ricompensato e di estrarre profitto dal club piuttosto che rafforzarlo economicamente. In effetti la sua logica non è in alcun modo sportiva, ma finanziaria e immobiliare. Nel momento in cui il lato sportivo dovesse andare male non sarebbe grave. Egli ha acquisito i terreni e le infrastrutture del club a buon prezzo, e potrà sempre fare, come a St. Trond, un progetto che avrà più valore immobiliare che valore sportivo.
Cambio d'allenatore. La rabbia latente dei tifosi contro queste scelte è esplosa quando, ancora una volta, questa logica finanziaria ha minacciato un equilibrio sportivo già precario. L'allenatore Rednic, che aveva raddrizzato la rotta dopo un inizio di stagione difficile, è stato licenziato per essere rimpiazzato da un illustre sconosciuto, il cui curriculum dà poca credibilità a una scelta sportiva. Di nuovo, la ricerca del profitto si fa a detrimento del club: si rimpiazza un allenatore di un certo peso con uno quasi gratuito.
Rimpiazzare gli addetti con personale interinale. Questa logica è di profitto, antisportiva ma anche antisociale. In effetti, lo stesso Duchatelet ha licenziato i suoi dipendenti addetti alla manutenzione delle infrastrutture e li ha rimpiazzati con degli interinato. La stessa logica a livello degli abbonamenti il cui prezzo è aumentato.
I tifosi dello Standard sono dunque in collera, e giustamente. Hanno manifestato contro la “gestione ultra liberista del club” due settimane fa. E una grande manifestazione è stata organizzata il 27 giugno scorso davanti allo stadio di Sclessin. La parola d'ordine principale della manifestazione era: “Duchatelet, vattene!” In un testo firmato dai soci (personalità di Liegi che hanno lanciato l'idea di comprare parti del club già due anni fa) e dall'associazione dei club di tifosi denominata “la famiglia dei Rouches”, si possono leggere le seguenti rivendicazioni: “Anche se i diritti televisivi e gli sponsor rappresentano degli apporti importanti, l'apporto finanziario dei tifosi – tra biglietti e merchandising – resta determinante nell'equilibrio finanziario dello Standard. Noi pensiamo che i tifosi debbano avere voce in capitolo nella gestione del club. Noi pensiamo anche che un grande club di calcio sia un attore sociale importante che non può essere guidato dalla sola ricerca del profitto finanziario. Noi vogliamo difendere e sviluppare l'ancoraggio locale e regionale dello Standard, oltre al suo ruolo sociale, particolarmente attraverso la formazione dei giovani”.
I tifosi, attraverso l'associazione dei club di cui sopra, propongono di mettere in piedi una struttura per permettere di comprare parti del club. Questo è un progetto di riappropriazione collettiva del club, e il suo obiettivo è di permettere ai tifosi di farsi sentire nella gestione. È un primo passo che può mobilitare i tifosi: il problema sarà che se non si raggiunge il 51% della società, il progetto contribuirà a fornire capitale a “Duduche”, come è stato soprannominato. Anche nel caso di un altro proprietario privato, il fondo del problema resta quello della smania di guadagno nello sport. Questa permette anche a un individuo di decidere di tutto in funzione della sua sola logica, quella del profitto a breve termine, anche a detrimento di una logica sportiva, sociale e popolare che fa sì che decine di migliaia di persone di Liegi, Valloni e Fiamminghi siano appassionati dello Standard.

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Brescia - da Un Cuore Grande Così il 09/07/2013 @ 12:03

Brescia-Bayer Monaco, la sfida è pronta. La Curva Nord tutta per Andrea (da: bsnews.it). La società del Brescia Calcio, in vista della prestigiosa amichevole contro il Bayern dell'ex Guardiola, annuncia una sua iniziativa per ricordare Andrea Toninelli.
Un gesto simbolico per non dimenticare. In una partita così prestigiosa come quella che domani il Brescia Calcio disputerà contro i Campioni d’Europa in carica del Bayern Monaco (ore 18.30, Arco di Trento), i calciatori del Brescia Calcio scenderanno in campo con uno striscione che recita: “Non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta. Ciao Andrea, cuore bresciano.”. Un piccolo gesto per ricordare Andrea Toninelli, il giovane tifoso scomparso prematuramente di ritorno dalla trasferta di Livorno in cui il Brescia aveva disputato la semifinale di andata dei play off.

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Cliff Diving - da Un Cuore Grande Così il 08/07/2013 @ 15:13

Tuffi, gli eroi che volano a 100 km/h (da: repubblica.it). Sono i cliff divers: si lanciano da 27 metri e dopo tre secondi arrivano in acqua. Molti provengono dai parchi acquatici, ma la loro disciplina esordirà ai Mondiali di Nuoto.
LA ROCHELLE - Trampolini come camere con vista. Anzi da vertigini: 27 metri, dieci piani di un palazzo. Tutto very fast: tre secondi di volo. Capriole e carpiati in quota, spruzzi da breakpoint. I principi del volo si tuffano da un abisso rovesciato. Da torri medioevali, ponti, scogliere, da tetti del mondo antichi e metropolitani. Sono gli ultimi eroi di una bohème sportiva scomparsa, un amichevole club del rischio. Mangiano e bevono insieme, scherzano davanti al vuoto: prima tu o prima io? Hanno bisogno di maree che salgono, di laghi e di oceani che non si azzuffano. Di un fronte del porto amico. Come nemico hanno il vento che soffia e mitraglia le loro traiettorie. Sono solo tre secondi di volo. A cento chilometri orari basta un niente. Una bava d'onda. Ma è un niente che fa molto male.
Due anni fa in Grecia il francese Hassan Mouti perse il conto dei suoi avvitamenti e entrò di sbieco. "Non svenni, mi confusi, scambiai il cielo per l'acqua. I sommozzatori mi ripescarono e mi chiesero cosa mi facesse male. Tutto, risposi. Mi portarono in ospedale, avevo 2 polmoni e la pleura contusi. Avevo paura, rivivevo sempre quell'attimo, il dolore già provato. Quando ho ripreso, a Boston, ero già sul trampolino, ma ho detto no, non ce la faccio, è disumano. Mi ha aiutato la mia ragazza, ho ripreso per gradi, dai tre metri". Gary Hunt, inglese, 29 anni, campione uscente: "Nel 2010 a Polignano a mare sono finito troppo corto per una cresta d'onda, mi hanno portato all'ospedale per trauma cranico".
Si chiama cliff diving, è sponsorizzato da Red Bull, che organizza anche la sicurezza, sommozzatori inclusi. Non si scherza con la gravità. Il pericolo oltre al colpo di frusta è rompersi ginocchia, piedi, denti, legamenti, caviglie, polsi. L'inglese Blake Aldrige che una volta è atterrato di faccia ha avuto problemi alla retina: "Per cinque minuti non ho più visto". Poi c'è l'entrata storta. "Avevo il busto troppo inclinato a destra, ho preso un colpo alle costole, per un'ora ho sputato sangue". Orlando Duque, colombiano, autore di un 10 perfetto: "Mi sono rotto il polso, il coccige, per due mesi mi sono seduto su una natica, ho avuto una commozione cerebrale, non ricordavo nulla delle 12 ore precedenti. Però lassù senti il corpo e la libertà, sei teso e adrenalinico, quando entri in acqua è come un impatto frontale in macchina, sul momento non avverti niente, è dopo che viene fuori il dolore".
Il club dei tuffatori estremi è una piccola famiglia, molto solidale, a 27 metri la paura e la coscienza ti rendono più fratelli. Il campionato alla sua quinta stagione ha 10 partecipanti, 7 nazioni di provenienza, un'età media di soli 27,9 anni. E il mondo come sfondo: otto gare, dalla torre St. Nicolas di La Rochelle, passando per il castello scaligero a Malcesine (13-14 luglio), per finire in Thailandia. Sono pochi a potersi tuffare da grande altezze, non ci si improvvisa, ci vuole esperienza. Quasi tutti vengono dal circo e dai parchi acquatici. Avete presente quelli che vestiti da clown si buttano in piccole pozze d'acqua? Ma ora lo splash passa dall'intrattenimento alla medaglia.
Il cliff diving esordirà infatti come nuova competizione ai mondiali di nuoto di Barcellona. Piace ai giovani, al pubblico, alle generazioni fast. Brividi caldi e freddi, si entra di piede, poi tutti a bere insieme. Niente italiani: un tuffatore classico non potrebbe salire in quota. Stessi movimenti, ma sport diversi. L'altezza dà vertigini, bisogna abituarsi a vedere tutto piccolo, si procede per gradi. Claudio de Miro, 56 anni, ex atleta, capogiudice: "Valutiamo partenza, esecuzione, entrata. La velocità di rotazione è la stessa di quella della piattaforma dei dieci metri, ma ci vuole altra sicurezza e preparazione. L'impatto su una superficie ridotta può essere molto dannoso. Ai mondiali di Barcellona gli uomini si tufferanno da 22 metri e le donne da 20". Greg Stegger, olandese, è lo specialista in compressione muscolare che per l'Arena sta studiando costumi in grado di proteggere parti intime (soprattutto per le donne) e altro.
"Ma i cliff divers vogliono essere liberi nei movimenti, sentire il loro corpo. Sono molti naif, indossano il costumino, ci tengono a non usare troppa tecnologia". Hunt è inglese, ma vive a nord di Parigi, Duque è colombiano, ma dopo un passaggio in Austria, ora si è trasferito a Honolulu dove lavora in un parco marino, Paredes è messicano, Colturi è americano, è tecnico di laboratorio e parla di "crazy stuff", Silchenko è russo e ha vissuto sei anni in Cina. I cinesi appunto, padroni dei tuffi mondiali, per ora sono assenti in questa specialità. Spiega Duque: "Non credo sia roba per loro. Sono abituati ad allenamenti ripetitivi, a fare e rifare tecnicamente lo stesso gesto, e dai 27 metri non ti puoi buttare dieci volte in un giorno. Più che uno sport il nostro è un modo di vivere. Bisogna essere un po' pazzi, ma molto lucidi. Non ci piace morire, ma vivere e respirare da ogni poro. Non odiamo gli avversari, anzi prima di buttarci ci abbracciamo". E poi giù.

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Crisi! - da Un Cuore Grande Così il 08/07/2013 @ 15:04

Serie A, con i ritiri estivi al via Inter e Milan. Ma che depressione! (da: repubblica.it). In questi giorni si radunano tutte le squadre della massima divisione italiana, ma tra i tifosi si respira un clima di rassegnazione e sconforto. Le difficoltà economiche delle big e l'immobilismo sul mercato frenano gli entusiasmi. Il nostro calcio non ha più il fascino di una volta.
ROMA - Le vacanze sono ufficialmente finite e l'inizio della nuova stagione calcistica è di nuovo alle porte. Dopo l'Udinese, la prima a riprendere gli allenamenti in vista dei preliminari di Europa League, ieri si sono radunate Parma, Chievo e Sassuolo, mentre oggi è il primo giorno di scuola per Inter, Milan, Fiorentina e Bologna. Il 12 luglio andranno in ritiro Juventus e Roma, il giorno dopo Napoli, Genoa e Sampdoria, poi a seguire tutte le altre. Mai come quest'anno, però, i raduni estivi avevano fatto registrare un clima di così diffusa e generale depressione. Sembra davvero finita l'estate dei tifosi che sotto l'ombrellone possono sognare grandi colpi di mercato da parte della loro squadra del cuore.
MILAN E INTER IN DIFFICOLTA' - Eccezion fatta per la Juventus, che si è mossa con grande anticipo e ha consegnato a Conte una rosa più forte rispetto a quella dello scorso anno, in grado di reggere il doppio confronto Campionato-Champions, le altre big del calcio italiano arrancano. L'Inter, distratta dalla vicenda Thohir, continua ad interrogarsi sul proprio futuro societario e sembra non avere le idee troppo chiare su dove e come intervenire per allestire un gruppo competitivo da mettere a disposizione di Mazzarri. Il tecnico ex Napoli ama lavorare fin dall'inizio con l'organico quasi al completo, ma a parte gli innesti in attacco di Icardi e Belfodil e degli svincolati Andreolli e Campagnaro in difesa, sono tanti i punti di domanda ancora irrisolti, soprattutto nel settore nevralgico di centrocampo e sugli esterni. Il sogno è Nainggolan, ma le scarse finanze a disposizione di Moratti, dopo la mancata qualificazione in Champions League, rendono la trattativa davvero complessa. Non è da escludere allora qualche sacrificio pesante, con uno tra Ranocchia, Guarin e Handanovic che potrebbe essere ceduto di fronte a un'offerta importante. Vendere per poi comprare è la parola d'ordine anche in casa Milan. E' vero, il club rossonero ha respinto l'assalto inglese ad El Shaarawy, ma forse più per la volontà espressa dal calciatore che per scelta di Galliani e Berlusconi. Per il resto, constatare che le operazioni in entrata sono legate alla cessione di Robinho fotografa benissimo quanto la società meneghina, fino a qualche stagione fa protagonista indiscussa del mercato, sia in difficoltà. Oltre al gap ormai difficile da colmare in campo internazionale, il rischio è che anche la serie A perda il suo appeal, con il dominio della Juve che si preannuncia schiacciante.
LE DUE SPONDE DELLA CAPITALE - Situazioni diverse, invece, quelle che stanno vivendo Roma e Lazio. Il club di Lotito si è mosso con grande risolutezza e ha centrato gli obiettivi che si era prefissato, mentre in casa giallorossa c'è ancora tanto lavoro da fare. La scelta dell'allenatore, rallentata dall'eccessiva attesa per la decisione di Allegri, si pensava che potesse dare una svolta al mercato della Roma, ma così non è stato. Garcia, al momento, non ha un portiere titolare e tutti i giorni deve fare i conti con voci insistenti che vogliono alcuni dei pezzi pregiati della sua rosa (De Rossi, Marquinhos e Pjanic) lontani dalla Capitale.
NAPOLI IN STAND BY - All'ombra del Vesuvio sembra ormai inevitabile la cessione di Cavani. Un'altra stella che lascia l'Italia per emigrare all'estero. I 63 milioni della clausola rescissoria sono tanti e, se ben investiti, consentiranno al presidente De Laurentiis di allestire una rosa di livello, ma rimpiazzare un attaccante del calibro del Matador non è affatto semplice. Ecco, dunque, che anche in casa azzurra le incognite non mancano, proprio nella stagione in cui il Napoli, oltre a coltivare legittime ambizioni di scudetto, torna ad affacciarsi sul palcoscenico dell'Europa che conta.
POVERA ITALIA - Il nostro calcio, insomma, sembra destinato a un ruolo da comprimario, con i talenti migliori che puntualmente scelgono altre strade. Emblematici i casi di Lucas e Paulinho, i due brasiliani a lungo inseguiti dall'Inter, ma poi accasatisi rispettivamente al Psg e al Tottenham. Ai club della serie A non restano che le briciole, gli scarti che negli altri paesi non trovano più spazio. Un incentivo per puntare sui giovani e provare a ripartire dal basso: questa forse l'unica soluzione percorribile nel breve periodo, in attesa che anche a livello di impianti, strutture e stadi di proprietà l'Italia si adegui agli standard delle altre nazioni europee.

Sotto, campionato 1988-89, Genoa-Bari, in azione Signorini, Rotella, Urbano e Carbone

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Gazza c'è! - da Un Cuore Grande Così il 06/07/2013 @ 16:25

Gascoigne ci ricasca: aggredisce la ex moglie, arrestato Paul Gascoigne (da: repubblica.it). Sembrava aver chiuso con l'alcool, ma il popolare Gazza è nuovamente caduto nella sua grande debolezza: in stato di ubriachezza va contro una guardia privata e sulla ex compagna Sheril, che era intervenuta. Rilasciato su cauzione, ora la parola passa al magistrato.
LONDRA - Sembrava che fosse guarito, ripulito, cambiato. Invece Paul Gascoigne è di nuovo nei guai e in guai seri. Il 46enne ex-attaccante della Lazio, del Newcastle e dell'Inghilterra è stato arrestato per avere assalito in stato di ubriachezza una guardia privata e la propria ex-moglie in una stazione ferroviaria inglese. Ha passato una notte in cella e poi è stato rilasciato su cauzione, in attesa che la magistratura decida come procedere nei suoi confronti. L'incidente, avvenuto giovedì sera ma riportato solo oggi dal Daily Mirror che lo sbatte in prima pagina, segue di pochi mesi quello che appariva come un completo recupero di Gazza dall'alcolismo che lo ha tormentato per anni, dopo che il popolare calciatore aveva trascorso un lungo periodo in una costosa clinica per la riabilitazione dall'alcol in Arizona. Vi era stato ricoverato lo scorso anno, grazie all'intervento e al finanziamento di ex-giocatori e amici come Gary Lineker, in un momento in cui la sua salute fisica e mentale era gravemente a rischio. Subito dopo il ricovero negli Stati Uniti, le sue condizioni erano peggiorate e secondo le indiscrezioni era perfino entrato in coma. I tabloid di Londra lo diedero per spacciato, c'era il timore che sarebbe morto di alcolismo come un altro grande campione del passato, George Best.
Ma poi Gascoigne si era ripreso e, tornato in patria, è apparso per qualche tempo in grado di stare lontano dalla bottiglia e iniziare una nuova vita. A maggio è andato alle corse di cavalli di Ascot in compagnia di Sheryl, la sua ex-moglie, una soubrette ed ex-fotomodella di 47 anni che è apparsa nella versione britannica del reality show "L'isola dei famosi", dalla quale ha avuto un figlio e di cui ha adottato i due figli da lei avuti da un precedente matrimonio. Forse era solo amicizia, perché anche Sheryl, come alcuni ex-compagni di squadra, ha cercato di stargli accanto nei momenti più difficili.
Secondo qualcuno i due si sarebbero rimessi insieme, o almeno ci avrebbero provato, nonostante gli abusi sofferti dalla donna durante la relazione con Paul, terminata con un tempestoso divorzio e con accuse di violenza domestica e abusi: una volta Sheryl apparve con un occhio nero e un braccio ingessato, dopo che Gascoigne, ubriaco fradicio e pazzo di gelosia, l'aveva picchiata selvaggiamente accusandola di flirtare con un altro calciatore. E più tardi lei ha raccontato che non fu quella l'unica volta in cui il marito aveva alzato le mani su di lei, al punto che la donna è diventata un'attivista dei gruppi che si battono contro la violenza domestica.
Fatto sta che i due erano insieme giovedì sera, quando si è verificato il nuovo episodio di violenza, in una stazione ferroviaria nella contea dell'Hertfordshire a circa 50 chilometri dall'abitazione di Sheryl. Secondo il rapporto della polizia, Gascoigne aveva bevuto troppo ed è entrato nella stazione di Stevenage gridando e causando apprensione tra gli altri viaggiatori. Una guardia privata in servizio lo ha avvicinato intimandogli di smettere e allora Gazza gli è balzato addosso prendendolo per la gola. Sheryl, sopraggiunta subito dopo, ha cercato inutilmente di calmarlo, con il solo risultato che l'ex-giocatore si è rivoltato anche contro di lei, strattonandola per un braccio. E' sopraggiunta la polizia, che lo ha arrestato e lo ha portato via. Ora ci sarebbero due denunce contro di lui, una da parte della guardia e l'altra da parte dell'ex-moglie.
Solo pochi mesi la sua figlia adottiva Bianca aveva dichiarato: "Ha smesso di bere". Sembrava così, durante un tour di apparizioni pubbliche in cui Gazza parlava della sua vita e dei suoi problemi, acclamato dai tanti fans che ancora lo adorano in questo paese così come a Roma, dove ha lasciato ricordi memorabili sia per la sua militanza nella Lazio che per come giocò ai Mondiali di Italia '90 con la maglia della nazionale inglese. Ma in una intervista televisiva concessa a Londra dopo il rientro dalla clinica di riabilitazione americana da 6 mila sterline (7 mila euro) alla settimana, Gascoigne era apparso meno sicuro di avere chiuso con l'alcol: "Mai dire mai. Potrei bere di nuovo in futuro". Ed evidentemente purtroppo è andata proprio così.

Sotto, Gazza e Wright nel 1990

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Giampà - da Un Cuore Grande Così il 05/07/2013 @ 16:30

(da: parterrenotedicalcio.blogspot.it) Ricordi di un incubo: Domenico Giampà.
Ogni tanto compaiono flash, immagini che si generano improvvisamente, ricordi indelebili ma mai esplorati. Succede quando meno si è preparati, quando la mente viaggia libera tra pinte e risate. Ed è proprio così che, non più tardi di due sere fa, mi è capitato di pensare a Domenico Giampà. Ma questo è proprio scemo, direte voi, passa il tempo ad idolatrare Giampà, Cruzado e Morfeo quando in tv c’è la Nargi che si esibisce in bikini. Non avete tutti i torti, lo ammetto. Ma parliamoci chiaro, il catanzarese era ed è un esterno di tutto rispetto: sfrontato, tenace, uno di quei giocatori che entrano nel cuore dei tifosi solo per l’aura che sprigionano indossando certi colori. Eppure non è mia intenzione stare qui a decantare le sue qualità. Da 2 giorni ho difatti fissa un’unica sua immagine ed un numero che picchetta la mia testa: la gamba squarciata e le mani che la tengono stretta, i 147 punti di sutura dovuti applicare per rimarginare la ferita. "Mimmo", in quel caldo pomeriggio del 24 ottobre 2004, non era né in guerra né in qualche locale dove le medie pareggiano le lame. Il figlio della Calabria stava semplicemente correndo sulla fascia del San Filippo, nuovo stadio messinese, inaugurato da pochi mesi. Stava cercando di raggiungere la sfera per metterla in mezzo, pronto a servire al bacio la testa di “Re Artù” Di Napoli, pronto a scalpellare quella complicata gara contro il Lecce del giovanissimo Vucinic. La corsa allungata, frenetica, il leggero tocco di Rullo per metterlo fuori tempo. Poi, letale, ecco l’impatto con i cartelloni pubblicitari. La gamba che penetrava prima nel telo, poi nella ferraglia. Un urlo, lancinante, migliaia di mani portate alla bocca, a cercare di tastare quel respiro ormai già assente, quasi a mascherare l’orrore di quella scena. Il mio salto sul divano, gli occhi spalancati e le urla dei discepoli della “diretta gol domenicale” presenti al mio fianco. Il dolore profuso a tutti, poi l’ambulanza, l’ospedale. Fortuna nella sfortuna, l’arteria mancata di pochissimo, lambita da quelle lamiere marchiate “Carrozzeria qualcosa”. 147 punti, non propriamente pochissimi, lavoro di sartoria d'altissimo livello. A poco contano poi le ripercussioni: i tre mesi di stop, l’inchiesta aperta dalla Procura di Messina per vederci più chiaro e comprendere se quei cartelloni fossero a distanza regolare dalla linea di fondo. L’immagine, fissa lì, il sublime burkiano dipinto di giallo e rosso. Non serve altro. Ricordi, tratti di calcio che inconsciamente trovano spazio in ogni osservatore, che segretamente lo accompagnano, convivendo in attesa della pinta ideale per uscire allo scoperto e mostrarsi in tutta la loro rarità. D’altronde si sa, il fútbol è fantastico anche per questo. Anche se, sono sicuro, Giampà avrebbe qualcosa da ridire a riguardo.

Sotto, le immagini cruente dell'infortunio

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Borgonovo - da Un Cuore Grande Così il 05/07/2013 @ 10:44

(da: sportallarovescia.it) Borgonovo: cronaca di una morte annunciata.
“In Italia è più facile trovare pentiti di mafia che di calcio. La Sla non è solo un problema italiano: Uefa e Fifa si attivino per avviare un’indagine epidemiologica. Qui non si tratta di criminalizzare il calcio, però nemmeno di assolverlo a priori”.
RAFFAELE GUARINIELLO
Stefano Borgonovo, ex attaccante di Como, Fiorentina, Udinese…Giocò con Rijkaard, Van Basten e Gullit nel Milan allenato da Arrigo Sacchi. Segnò pure al Bayern in Coppa Campioni trascinando la squadra alla finale poi vinta contro il Benfica . Era la Champions dell’89/90, tempi distanti anni luce... ci si dimentica in fretta. Ed in effetti il volto impresso nell’immaginario non è quello di Borgonovo calciatore, ma quello di Borgonovo in sedia a rotella, la smorfia sul viso. Il Borgonovo che espone il proprio corpo malato nelle stesse arene che un giorno lo acclamarono. L’obiettivo è di finanziare la ricerca sulla malattia che ha ridotto così lui e molti altri calciatori come lui. La vera protagonista di questa storia. La SLA. La Sclerosi Laterale Amiotrofica è un disordine neuro generativo che colpisce i motoneuroni . Provoca la progressiva e irreversibile perdita della capacità di deglutire, articolare la parola, controllare muscoli scheletrici ed in alcuni casi anche quelli respiratori. Risparmia invece, nella maggior parte dei casi, le funzioni sensoriali e cognitive ossia condanna a guardare con lucidità il proprio corpo che muore. Non esiste cura. La SLA è legata ad una predisposizione genetica, tuttavia vi sono diversi indizi che conducono dritti dritti nel magico mondo del calcio ad indagare il ruolo di alcuni fattori esterni. E’ stato infatti stimato che i calciatori professionisti corrano un rischio 6 volte maggiore di sviluppare il disturbo rispetto alla popolazione generale. Nel solo Como F.C., squadra in cui militò Borgonovo, altri 5 calciatori contrassero una malattia che ha un incidenza di 2-3 casi ogni 100.000 individui. Un po’ difficile dare la colpa al caso. Negli ultimi 15 anni il mondo della scienza si è così interrogato a più riprese per chiarire il legame fra questa malattia ed il gioco del pallone. Una prima ipotesi di ricerca ha riguardato fattori di rischio ambientale legati al continuo contatto dei calciatori con l’erba. Sotto osservazione i pesticidi, gl’erbicidi i fertilizzanti utilizzati per la manutenzione dei campi di gioco, in particolare dopo gli anni '80 del secolo scorso, periodo di massima incidenza della malattia nei calciatori italiani. L’ipotesi è parzialmente confermata dal fatto che anche gli agricoltori, categoria a contatto con questo tipo di prodotti, presentano un rischio significativamente più alto di contrarre la SLA. La non rilevanza degli studi condotti su atleti di altre discipline, ad esempio basket e ciclismo, esclude invece la relazione fra la malattia e l’attività fisica in se e smentisce parzialmente l’ipotesi del doping come fattore di incremento del rischio. Sotto accusa finisce invece l’abuso di sostanze lecite, il che, a ben vedere, è ancor più preoccupante. Una ricerca del 2005 condotta dai ricercatori di Tor Vergata e dalla Fondazione Santa Lucia e coordinata dalla professoressa Cristina Zona ha ipotizzato, come fattore di rischio, l’uso incontrollato di integratori alimentari tesi a migliorare le prestazioni fisiche ed accorciare i tempi di recupero. Gli studi hanno dimostrato che gli amminoacidi ramificati contenuti in queste sostanze possono causare alterazioni delle cellule nervose simili a quelle osservate nei malati di SLA. I risultati sperimentali sono stati pubblicati sulla rivista Experimental Neurology (Volume 226, Issue 1, Pages 218-230, November 2010). Un'altra ricerca condotta nel 2009 dalle università di Torino e Pavia su un campione di 7.325 calciatori italiani praticanti fra il 1970 ed il 2006, ha messo sotto osservazione il ruolo di altri tipi di sostanze lecite sempre più diffuse nel mondo del calcio. In Italia, l'80% dei giocatori intervistati ammette l’uso di supplementi. Il 50% di antinfiammatori. Il 70% di analgesici. “La ricerca” conclude l’Equipe "oltre alla necessità di ulteriori studi per conclusioni definitive, ci porta a credere che la stretta relazione fra SLA e mondo del calcio derivi da un misto complesso di fattori che variano dalla predisposizione genetica per la resistenza fisica, ad elementi esterni come erbicidi ed assunzione di sostanze”. Ciò che risulta chiaro, al di la dei dati scientifici, è che dall’antichità sino ai tempi moderni, la società continua a costruire la propria ritualità sopra il sacrificio dei corpi degli altri. Oggi più che mai questi corpi sono costretti a sforzi che eccedono ogni naturale sviluppo fisico. Dietro questa deriva si nascondono gli interessi miliardari del sistema calcio. Interessi che trovano un partner perfetto nel nostro desiderio di assistere. Abbiamo assistito al caloroso saluto del mondo del calcio a Stefano Borgonovo, morto di SLA a soli 49 anni. Abbiamo assistito all’emozione, alle parole, alle immagini struggenti che fanno da epilogo ad una vita trasformata in rito e narrazione. Non abbiamo assistito invece a nessun tipo di riflessione critica e sembra quasi che le abbaglianti luci degli stadi siano state accese a lutto per oscurare il lato sporco di questa storia. Il lato delle cause e delle responsabilità. Sporco, si intende, per l’immagine intoccabile di questo sport. Borgonovo si è sempre rifiutato di accusare il calcio. Se lo avesse fatto, come si sarebbe comportato il calcio nei suoi confronti?

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Kazu c'è! - da Un Cuore Grande Così il 04/07/2013 @ 16:45

Miura, mister Giappone: in gol a 46 anni, meglio di Zico. Kazu Miura (da: repubblica.it). Il primo nipponico della storia del campionato italiano gioca e segna ancora, in J-League 2, l'equivalente della nostra Serie B: al Genoa fu una meteora nonostante un gol in un derby, in patria è una leggenda.
TOKYO - Meteora di passaggio in Italia, uomo dei record in patria. Kazuyoshi Miura fu una delle primissime operazioni calcistico-commerciali mai viste in Serie A: lo prese il Genoa, estate 1994, mentre qualche mese prima era stato un italiano a percorrere il tragitto inverso. Totò Schillaci, mister Italia '90, era volato allo Jubilo Iwata ad aprile. Miura prometteva dribbling, scatti e gol, di fatto fu un flop: oggi, all'età di 46 anni e 4 mesi, "Kazu" gioca ancora. E segna gol da record, come quello che ha aperto le marcature nel match tra il suo Yokohama Fc e il Tochigi SC: è il bomber più longevo della storia giapponese. Meglio di Zico.
CINQUE ANNI MEGLIO DE "O GALINHO" - Quell'attaccante che in Italia durò soltanto un anno, in patria è una leggenda. Nella classifica dei goleador più anziani, "Kazu" ha battuto anche Zico, secondo con i suoi 41 anni e 3 mesi. Col Grifone sul petto fece più scalpore per la formula del trasferimento - lo sponsor del club pagava di fatto il suo ingaggio - che per le prodezze sul campo: eppure l'unico gol italiano l'aveva piazzato nell'appuntamento più importante per un tifoso, il derby con la Sampdoria, portando in vantaggio i suoi prima dell'immediato pari di Vierchowod. Non era destino: la stracittadina la vinsero i blucerchiati, trascinati da Lombardo, che andava a nozze negli spazi aperti da Gullit, e aiutati da un Tacconi tutt'altro che impeccabile su una punizione di Maspero. Nessun problema: valigia pronta e rientro in patria, a far esultare i suoi vecchi tifosi del Verdy Kawasaki (65 gol in 4 anni, dopo i 53 dei 30 mesi precedenti). Riprovò in Europa, andò male nuovamente, stavolta a Zagabria. Miura, famoso anche per la sua "Kazu dance" nei pressi della bandierina - niente a che vedere con quella di Juary - era ed è materiale per il Giappone, con la cui nazionale ha segnato 55 volte in 89 partite. E ci riesce ancora, a quasi 47 anni. Anche se non è J-League, ma seconda divisione: a Kazu non importa, un gol è sempre un gol.

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Fallimenti - da Un Cuore Grande Così il 03/07/2013 @ 13:52

(da: sportpeople.net) Lega Pro, 4 squadre fallite, 8 iscrizioni incomplete.
Al primo giro di vite, in Lega Pro saltano 4 squadre: escluso per non aver nemmeno presentato domanda il piccolo Borgo a Buggiano, e non perché sia un piccolo club merita di sparire senza riguardo, si tratta per il resto di sodalizi storici alcuni dal passato piuttosto glorioso, seppur in epoche non sempre recenti.
Partendo dal più "vecchio" in ordine di apparizione e a dispetto del nome, a salutare la Lega Pro è il Nuovo Campobasso, a sua volta nato sulle ceneri dello storico US Campobasso originario e la cui domanda d'iscrizione è stata ritenuta inammissibile. Dopo il fallimento che l'ha visto rinascere come Football Campobasso, il secondo fallimento da cui è nata l'AS Campobasso, adesso ecco il terzo fallimento (ancora sportivo e non già economico, visto che nessun Tribunale ha dichiarato fallimento). L'epiteto "falliti" che si leva spesso più in termini canzonatorii che con disprezzo ad una tifoseria avversaria, in questo caso andrebbe levato alto e con forza nei confronti di chi è riuscito, nella città molisana, a realizzare questo vergognoso record gestionale e sportivo. I "falliti" sono i padroni del calcio, non di certo i tifosi, che in barba a tanto spregio, continuano ad amare le loro squadre e questo sport.
Il Consiglio Direttivo della Lega Pro, valutate le domande di ammissione ai campionati prossimi venturi, ha inoltre ritenuto inaccoglibile anche la domanda d'iscrizione del Treviso. Situazione veramente grottesca nella città della Marca, dove le prospettive di qualche settimana fa sembravano addirittura più che rosee e lasciavano presagire un futuro di gloria, dopo anni di bocconi amari e di scandali di ogni sorta, dal fallimento al coinvolgimento nello scandalo scommesse. In tempi di campagna elettorale, il candidato sindaco Massimo Zanetti, padrone della "Segafredo", azienda di caffè, già sponsor dello stesso Treviso nei tempi d'oro, s'era dichiarato pronto a rilevare il club, salvarlo dall'agonia e rilanciarlo con prepotenza ai fasti recenti della Serie A. Fallita l'ascesa di Zanetti al posto di sindaco, le sue parole si sono rivelate niente più che misera propaganda elettorale e lo stesso s'è rimangiato quanto promesso. A parte le personali considerazioni su quanto possa valere un uomo che si rimangia la parola, dispiace per i tifosi nuovamente illusi, dispiace doppio se si pensa che all'ovvia indignazione, c'è gente che è stata denunciata e sicuramente pagherà anche con il daspo. Nel frattempo, chi ha istigato con la propria menzogna vive tranquillo.
Infine, "game over" anche l'Andria Bat, a sua volta erede della storica Fidelis Andria fallita ne 2005, che, come il Borgo a Buggiano, non ha nemmeno presentato domanda. Dalla Serie B della prima metà degli anni '90, dopo i playout fratricidi perduti in Prima Divisione contro il Barletta, ai tifosi pugliesi tocca ripartire nemmeno dalla Seconda Divisione a cui avrebbero avuto diritto ma, probabilmente, dall'Eccellenza. Come già successo in passato, l'augurio all'Andria e ai suoi tifosi, è che possano risollevarsi in fretta.
Oltre le 4 squadre già escluse, ce ne sono 8 che hanno presentato domanda d'iscrizione incompleta per mancato versamento della fidejussione bancaria. I club hanno ancora tempo fino al 18 luglio per fare ricorso alla Covisoc e regolarizzare la propria posizione. Tocca aspettare alla finestra fino a quella data e vedere cosa succede: le 8 squadre hanno tutte situazioni diverse tra loro, per cui ci sarà chi riuscirà a chiudere il cerchio e partire regolarmente con la nuova stagione, ma ci sono anche tante situazioni molto confuse e che non lasciano molto spazio alla speranza. In ogni caso, queste 8 squadre sono: Nocerina, Pro Patria, Tritium e Vicenza in Prima Divisione, mentre in Seconda risultano irregolari le richieste di Bellaria, Chieti, Rimini e Portogruaro.
Ci sono poi tutta una serie di club, tra questi per esempio la Sambenedettese, appena promossa nell'ex C2 dopo anni di infinito purgatorio in D, che nonostante abbiano regolarmente versato la fidejussione, sono in acque societarie quantomeno agitate. Un estate torrida e tormentata, l'ennesima, del nostro calcio: viene spontaneo chiedersi con quale faccia di bronzo (per usare un eufemismo), giornalisti e padroni del calcio abbiano poi il coraggio di sostenere che se la gente abbandona gli stadi è per colpa dei tifosi o delle loro improbabili violenze. Qua di violento c'è solo il loro modo di gestire e sperperare patrimoni sportivi ed economici, però, si sa, un paravento fa sempre comodo.
E l'estate non è ancora finita.

Sotto, correva l'anno 1937 ed in quel di novembre, al mitico Grondona, si affrontavano Pontedecimo e Savona.

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Roma - da Un Cuore Grande Così il 03/07/2013 @ 08:22

Roma, la richiesta di Venditti: "Togliete il mio inno" (da: repubblica.it). Il cantautore esprime la sua delusione per la società giallorossa: "La mia canzone non è più identificativa della squadra che conoscevo io". Poi spiega: "Una provocazione, gli inni non appartengono all'autore". Il brano 'Roma Roma' è stato eseguito per la prima volta allo Stadio Olimpico nel 1974.
ROMA - E' 'divorzio' tra Antonello Venditti e la Roma. O forse con questa Roma. Il cantautore romano, da sempre grande tifoso giallorosso, esprime la sua delusione con una richiesta che farà discutere ma che è espressione di un malcontento non celato nella tifoseria giallorossa: "Sinceramente l'inno della Roma mi piacerebbe se lo togliessero, perché non lo trovo più identificativo della squadra che conoscevo io". La canzone di Venditti 'Roma (non si discute si ama)', più nota come 'Roma Roma' precede le partite allo Stadio Olimpico dopo la lettura delle formazioni ed è stata proposta per la prima volta nel dicembre 1974. A fine partita, in caso di vittoria, viene eseguita un'altra famosa canzone di Antonello Venditti, 'Grazie Roma', composta dal cantautore romano nel 1983 in occasione della conquista del secondo scudetto.
Venditti, a Radio Centro Suono Sport, ha parlato anche di mercato: "Paulinho? E' un giocatore di Baldini, ora voglio vedere che giocatori ha Sabatini", commentando così la trattativa sfumata per il centrocampista verdeoro.
Venditti è poi tornato sull'argomento in un post su Facebook: "Cari romani, romane, romanisti e romaniste di tutto il mondo, voglio rassicurarvi sulle mie parole e sul mio pensiero rispetto agli Inni per la nostra amata Roma! La mia voleva essere una forte provocazione per spronare il presidente ed i dirigenti a riportare l'AS Roma alla nostra cultura, rendendola più simile nei contenuti e nei risultati alla nostra grande storia di tifo calcistico, di sportività e di amore. Sempre orgoglioso di essere con voi, uno di voi....per sempre! Gli Inni sono nel cuore e non appartengono più all'autore, ma ad ognuno di noi. Forza Roma".

Sotto, Grifoni a Reggio Calabria

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