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Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che compie 50 anni l'Autostrada del Sole, spina dorsale dell'Italia del boom che, collegando Milano a Napoli, doveva rendere più vicini Nord e Sud... servì soprattutto a portare la gente del Sud nelle fabbriche al Nord e le merci del Nord su mercati del Sud... con i suoi 755 chilometri di asfalto contribuì comunque a rendere meno isolati tanti territori lontani dal resto di un Paese che, come cantava Gianni Morandi, correva a 100 all'ora... il 4 ottobre 1964, festa di San Francesco patrono d'Italia, al Casello di Firenze, il presidente del Consiglio Aldo Moro inaugura l'opera ultimata in 8 anni a tempo di record... per costruire l'Autosole, lo Stato mise il 36% del finanziamento, il resto venne recuperato sul mercato, costo finale 270 miliardi di lire! Il Football nel 2014: ricostruire è possibile? o bisogna cambiare sport? e in questo secondo caso, quale sport? E forza Genoa!
«Dai dilettanti alla A: un sogno nato in provincia» (da: bresciaoggi.it) Dalla sua Ospitaletto a direttore generale del Genoa passando per un'esperienza all'estero col Bellinzona «Il segreto? Ho imparato tutto sui campi bresciani». Per una sera Nicola Bignotti torna alle origini e racconta dove è arrivato davanti al mondo da cui è partito. Un viaggio lungo 15 anni per il giovane dirigente di Ospitaletto, oggi direttore generale del Genoa, il club più antico d'Italia. Un traguardo raggiunto dopo numerose esperienze positive e anni di sacrifici lontano da casa. Nicola Bignotti si racconta alla platea nella serata organizzata dai direttori sportivi bresciani all'hotel Araba Fenice di Iseo. Sollecitato dalle domande di Giulio Tosini, caposervizio dello sport di Bresciaoggi, svela i segreti della sua scalata alla «crêuza de mä», cara a Fabrizio De André, storico tifoso del Grifone rossoblù. L'ascesa di Bignotti parte da Ospitaletto, poi Travagliato, Rovato, Sant'Eufemia, Rezzato e Palazzolo, dove vive la prima esperienza da professionista: «Come accade nella vita, oltre alle capacità bisogna essere sorretti da un pizzoco di buona sorte - ammette Bignotti -. Quel Palazzolo era stato appena stata promosso in serie D dopo aver vinto l'Eccellenza, ma in poco tempo venne addirittura ripescato tra i professionisti». La stagione del Palazzolo termina con la retrocessione in D, ma le qualità di Bignotti sono evidenti e arrivano addirittura fuori dall'Italia. Lo chiama il Bellinzona e Bignotti fa i bagagli per il Canton Ticino: «Esperienza fantastica - ricorda il direttore generale del Genoa -. Ho imparato tanto dalla metodicità e dalla precisione del lavoro degli svizzeri». I risultati parlano di una promozione in serie A, una qualificazione in Coppa Uefa e una finale di Coppa Svizzera persa a Basilea. Un palmares di tutto rilievo, frutto di 4 stagioni di duro lavoro e che non passa inosservato agli occhi di Gianfranco Andreoletti, presidente dell'Albinoleffe, che non esita a richiamare Nicola in Italia: «Una società modello che mi ha arricchito ulteriormente lungo il mio cammino - prosegue Bignotti -. È stato piacevole lavorare al fianco di un presidente come Andreoletti, l'Albinoleffe è una società molto ben organizzata». L'esperienza nella Bergamasca, non lontano dalla sua Ospitaletto, è il trampolino verso il grande salto. Il 14 settembre 2012 eccolo al Genoa, direttore generale. Un sogno arrivare in serie A partendo dai dilettanti. Un mondo che Bignotti sente ancora suo e che, di fronte agli amici delle origini, viene ricordato con un pizzico di nostalgia: «Lavorare in serie A è il sogno di tutti - le sue parole -, ma ci sono tanti pro e contro da valutare. Tra i dilettanti le esperienze dirigenziali si vivono diversamente, sei vicino a casa e riesci ad abbinare la passione al lavoro. Tra i professionisti è solo lavoro, ma finora sono soddisfatto del mio cammino». Ma Bignotti in questi anni ha imparato una lezione: «Mai dimenticarsi da dove si viene. Se sono direttore generale del Genoa, devo dire grazie a tutte quelle società dilettantistiche che mi hanno dato fiducia. Ho imparato il mio lavoro sui campi di provincia, sviluppando il mercato con pochi soldi. Ora non posso lamentarmi, al Genoa ho un presidente come Preziosi che pensa a tutto».
Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che 24.289 (2009-10), 19.358 (2010-11), 17.476 (2011-12), 16.791 (2012-13), 16.731 (2013-14), 16.413 (2014-15)... e in giro senti dire spessissimo una frase che è un grande classico "Io ormai vado allo stadio solo per stare insieme agli amici, che altrimenti non vedrei più, fosse per quello che si vede in campo me ne starei a casa". E forza Genoa!
Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che "Sconfitti mai! il nostro è il derby dei vincenti, è il derby di chi ha vinto perchè è stato parte di una coreografia meravigliosa, di chi ha vinto perchè ha lottato contro le sue gambe tremanti per rimanere in piedi e riuscire a vedere la partita, altrimenti le teste davanti glielo avrebbero impedito, di chi ha vinto perchè ha indossato fiero la sua maglia UCGC fatta in casa, di chi ha vinto perchè si è sentito fare i complimenti per l'attività svolta, di chi si sente ogni giorno fiero di essere genoano e lo afferma ancora oggi, senza bisogno di gridare la propria indiscutibile supremazia. Grati di essere genoani, tutto il resto è noia! Matti per il Genoa, sezione UCGC", così le Strutture Psichiatriche dell'ex Tribuna Superiore ora nei Distinti... e il Don Orione scrive: "Quanta amarezza!! Serviranno più di 24 ore per smaltirla e poter scrivere qualcosa...", poi le foto. E forza Genoa!
Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che Brigitte Bardot, o più semplicemente BB: la ragazza del peccato, simbolo di ribellione e sinonimo di sensualità, compie 80 anni... nata a Parigi il 28 settembre 1934, si è ritirata dal mondo del cinema nel 1974, ma la sua BELLEZZA, fermata da queste incredibili foto d'epoca, non è mai tramontata... Genoa-Sampdoria 0-1 e Genoa-Sampdoria 0-1, due stracittadine consecutive perse in casa, due BRUTTI derby ceduti allo stesso modo: prima Maxi Lopez ora Gabbiadini, due baccate a 8 mesi di distanza all'interno del 2014... il bello, il brutto, l'armonia della Bardot, i derby del Gasperini II. E forza Genoa!
Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che Domenica ti portero' sul lago vedrai sara' piu' dolce dirsi ti amo faremo un giro in barca possiamo anche pescare e fingere di essere sul mare. Sapessi amore mio come mi piace partire quando Milano dorme ancora vederla sonnecchiare e accorgermi che e' bella prima che cominci a correre e urlare. Che domenica bestiale la domenica con te ogni tanto mangio un fiore lo confondo col tuo amore come e' bella la natura e come e' bello il tuo cuore. Che meraviglia stare sotto il sole sentirsi come un bimbo ad una gita ha voglia di giocare, che belli i tuoi complimenti e' strano non ho piu' voglia di pescare. Amore mio che fame spaventosa dev'essere quest'aria innaturale e' bello parlare d'amore tra un fritto e un insalata e dirti che fortuna averti incontrata. Che domenica bestiale la domenica con te ogni tanto mangio un fiore lo confondo col tuo amore come e' bella la natura e come e' bello il tuo cuore. Che domenica bestiale la domenica con te ogni tanto mangio un fiore lo confondo col tuo amore come e' bella la natura e come e' bello il tuo cuore. E forza Genoa!
Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che arriva Roy Lichtenstein!!! a Torino 235 lavori! Gam porta per prima volta in Italia disegni icona pop art... "In quasi mezzo secolo di carriera - diceva l'icona del pop Roy Lichtenstein - ho dipinto fumetti e puntini per soli due anni. Possibile che nessuno si sia mai accorto che ho fatto altro"? A Torino gli ideatori della mostra "Roy Lichtenstein Opera Prima" se ne sono accorti, e gli hanno dedicato una personale incentrata sull'"altro"... a 50 anni dalla prima esposizione sulla pop art americana in Europa, tenuta nel 1964 proprio nel capoluogo piemontese, Torino dedica a Lichtenstein una personale fatta soprattutto di disegni... in mostra da oggi alla Gam 235 opere, principalmente su carta, oltre metà delle quali mai viste in Italia... sono lavori che spaziano dagli Anni '40 al 1997, anno della morte dell'artista, e ne illustrano il processo intimo della creazione... alcuni non erano mai usciti prima dalla casa di Lichtenstein, altri, come "Drawing for Girl with Hair Ribbon" del 1965, l'immagine scelta per la copertina del catalogo, sono stati staccati per la prima volta dalle pareti della camera da letto del collezionista parigino che ne è proprietario. Dorothy Lichtenstein, vedova dell'artista e presidente della fondazione a lui intitolata - a Torino con il nipote Jack Cowart che ne è il direttore - ha sottolineato che il marito sarebbe stato molto contento di questa mostra, che è "la più bella e completa esposizione mai fatta dei suoi disegni. Roy sarebbe felice, se non addirittura imbarazzato, per la profondità della ricerca", che affonda fino ai tempi in cui la futura icona del pop era studente universitario nell'Ohio... "E' la nostra mostra più glam - ha sottolineato la presidente della Fondazione Torino Musei, Patrizia Asproni - e sarà accompagnata da un ricco merchandising e da una vasta offerta di attività, incluso un nail-bar dove sperimentare sulle proprie mani la nail-art, facendosi dipingere le unghie a fumetti... "L'investimento in cultura - ha rimarcato Fassino - migliora la qualità della vita dei cittadini, attira investimenti e porta sviluppo. Ed è grazie a questo investimento che Torino è diventata una città turistica". E forza Genoa!
Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che FRIDA, un mito costruito ad arte! la sua produzione è ridotta a diario intimo, servì per trasfigurare le contraddizioni... scrive la critica Francesca Bonazzoli sul Corriere della Sera: «Non dal volto si conosce l’uomo, ma dalla maschera», scriveva Karen Blixen in una delle più affascinanti storie da lei inventate, «Diluvio a Norderney». Una lezione che Frida Kahlo, come ogni grande artista, conosceva bene. Lungi dal mettersi a nudo, nei suoi oltre 55 ritratti, quasi un terzo di tutta la sua opera, ci ha mostrato la maschera di Frida, personaggio da lei accuratamente recitato in una pièce che, ad un certo punto della carriera, ha previsto una parte anche per i rotocalchi, moltiplicatori di notizie sulla strana coppia che Frida formava con il celebre pittore muralista Diego Rivera. Nel tentativo di interpretare in chiave biografica i suoi quadri, sono state scritte migliaia di pagine e naturalmente la lettura psicoanalitica, o pseudo tale, ha avuto la parte maggiore. Eppure, se Frida non fosse stata sempre volutamente ambigua, non avremmo esegesi così discordanti, addirittura in contrasto l’una con l’altra, al punto da apparire alla fine come ridicoli esercizi di non senso. A spiazzare i chiosatori professionisti è soprattutto il fatto che pochi artisti, prima di Frida, hanno dipinto il corpo femminile al di fuori del consueto ruolo di modella e ancor meno sono quelli che l’hanno utilizzato per descrivere temi come l’aborto, operazioni chirurgiche o, persino, la nascita dell’artista stessa. La francese Louise Bourgeois, in America, stava facendo qualcosa di simile; ma mentre lei lavorava sulle ferite della psiche, la Kahlo aveva abbondante materiale per affrontare i traumi del corpo, il quale le si presentava come un continuo ostacolo. A sei anni fu colpita dalla poliomelite che la costrinse a letto per nove mesi e le lasciò una zoppìa che le valse il soprannome di «Frida gamba di legno» da parte dei compagni di classe. A diciotto anni l’autobus su cui stava viaggiando venne investito da un tram e nella collisione un corrimano le trafisse la schiena procurandole danni permanenti. Nel 1930 i medici le consigliarono di abortire per non compromettere le già fragili ossa del bacino. Seguirono altri due aborti, un’operazione al piede destro, sette interventi alla spina dorsale con convalescenze che le procuravano «vomito costante e dolori cronici», dolorose infezioni e una cancrena alla gamba, amputata nel 1953. Infine una polmonite la portò alla morte nel 1954. Ma Frida era troppo intelligente, troppo manipolatrice e troppo artista per pensare di fare dei suoi quadri un semplice diario, una specie di irrazionale sfogatoio. Al contrario, le immagini le servivano per trasfigurare, sublimare, raccontare. In una parola imbrogliare. Prendiamo per esempio «Ospedale Henry Ford», che ha per tema l’aborto. Tutto, e il suo contrario, è stato detto sui simboli che compaiono nel quadro e sul desiderio frustrato di maternità. La verità è che Frida, nello stesso tempo, nel diario scriveva quanto fosse infastidita e stanca di sopportare nausee e disturbi della gravidanza e quando i medici le prescrissero il riposo assoluto, lei decise invece di prendere lezioni di guida. La stessa ambivalenza che manifestava verso il matrimonio: da una parte rappresentava se stessa come la moglie devota nell’autoritratto con il marito cui lascia tenere in mano una tavolozza riservando per sé l’aspetto di fragile mogliettina. Dall’altra non rinunciò mai ai suoi incontri bisessuali, al fumo, all’alcool, alle droghe, al parlare osceno, lasciandosi insomma andare a comportamenti tutt’altro che da moglie borghese. Non fu mai una sottomessa, sebbene pretendesse di giocare la parte della povera moglie tradita dal marito macho le cui avventure erotiche erano ben documentate dai rotocalchi. Sebbene nei dipinti costruisse di sé un’immagine di donna dei dolori, molti amici dell’artista sostengono che Frida lacerava le ferite e aggravava le conseguenze delle operazioni per manipolare sadicamente l’attenzione del marito e per amplificare la leggenda del suo personaggio. Fin dall’adolescenza la Kahlo manifestò nella vita privata il rifiuto delle norme convenzionali che riguardavano il sesso femminile, e tuttavia pubblicamente mantenne un basso profilo: di fatto anche lei era un macho messicano, ma lasciò questo ruolo pubblico al marito. Frida non era una fredda calcolatrice. Era un’artista che, come tutti coloro che possono fregiarsi di questo titolo, sapeva controllare il proprio linguaggio dando una forma alle proprie nevrosi. Fu questo che alla fine le consentì di trionfare nella considerazione dei posteri mentre la pittura retorica del marito si andava sgonfiando. E forza Genoa!
Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che si conclude domenica 5 ottobre, con la presentazione nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, a Genova, il progetto "Genova-Mediterraneo e ritorno: un viaggio a disegni animati attraverso Crêuza de mä", ideato dal regista Matteo Valenti... Valenti ha coinvolto sette scuole d'arte e l'artista spezzino Nicola Perucca, a partire dal 2011, nell'illustrazione a disegni animati delle canzoni dell'album che seppe fondere world music e canzone d'autore (con testi tutti rigorosamente in genovese)... lo composero Fabrizio De André e Mauro Pagani, e proprio quest'anno ricorre il trentennale della sua pubblicazione... i sette filmati a disegni animati sono stati poi raccolti in un dvd, che contiene anche un montaggio con il backstage e un documentario con una serie di interviste su "Crêuza de mä" realizzate da Matteo Valenti a personaggi che hanno conosciuto Fabrizio De André o hanno lavorato con lui: da Gino Paoli e Don Gallo, da Arnaldo Bagnasco a Walter Calloni e agli musicisti che hanno partecipato alla registrazione del disco... il progetto ha ottenuto il prestigioso patrocinio morale della Fondazione Fabrizio De André, oltre a quello del Comune di Genova e della Regione Liguria... "Proporre a gruppi di adolescenti l'ascolto di un disco come 'Crêuza de mä', una vera pietra miliare nella storia della musica", spiega Valenti, "è stato molto stimolante, perché mi ha permesso di riflettere con loro sulla figura di De André, che essi in larga parte già conoscevano, e sulle peculiarità e i temi del disco, che invece la maggioranza di loro approcciava per la prima volta, i ragazzi hanno così avuto modo di confrontarsi con ciò che accomuna e avvicina i popoli del Mediterraneo, cogliendo anche l'opportunità di apprendere tecniche e strumenti di lavoro all'avanguardia, molto importanti per chi, come loro, punta un giorno a lavorare nel settore dell'elaborazione grafica". E forza Genoa!
Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che a 30 anni dalla scomparsa di Truffaut torna al cinema il suo capolavoro d'esordio: 'I 400 colpi', film-manifesto della Nouvelle Vague, nelle sale italiane da giovedì, anche a Genova! il classico del regista scomparso il 21 ottobre 1984 inaugura infatti la nuova stagione del progetto distributivo della Cineteca di Bologna 'Il Cinema Ritrovato', nato per portare in sala i classici restaurati, a 'I 400 colpi' seguiranno, a novembre, 'Gioventù bruciata' e, a dicembre, 'Tempi moderni'... secondo il critico Paolo Mereghetti, è una delle opere più significative della Nouvelle Vague e ancora oggi colpisce per la sua autenticità e la sua freschezza, frutto di un magico equilibrio tra improvvisazione e rigore, realismo e rielaborazione astratta... un poema sulla solitudine di un adolescente come tanti, dal taglio cronachistico e privo dei consueti stereotipi melo: attraverso una regia semidocumentaristica, che abolisce l'uso della soggettiva ma prevede il protagonista in ogni inquadratura... Truffaut con molto affetto descrive, interroga, suggerisce, emoziona, e come sempre nelle sue opere, i LIBRI e il CINEMA sono le uniche vere possibilità di salvezza per i piccoli Antoine cresciuti senza amore... molte le sequenze indimenticabili (tra le quali il colloquio con la psicologa) e uno dei finali più belli della storia del cinema. E forza Genoa!
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