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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 22/10/2014 @ 07:36

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che l’omaggio più vero per LILLI CARATI sarebbe ricordarla in quel libero e spensierato ballo sui gradini di Piazza di Spagna assieme a Gloria Guida in "Avere vent’anni". Da "Il Fatto Quotidiano" leggiamo che "Lilli Carati, vero nome Ileana Caverati, era nata a Varese il 23 settembre del ’56 da una famiglia di magliai ambulanti. Fin da ragazzina aveva trovato posto nel mondo della moda, frequentando una scuola di indossatrici, fino a quando a 19 anni finisce seconda a Miss Italia. Siamo nel 1974, ed il produttore Franco Cristaldi, seduto tra i giurati del concorso per la più bella d’Italia, subito la chiama per farle interpretare una piccola parte in Di che segno sei? (1975) di Sergio Corbucci (è una delle ballerine vestite di verde nell’episodio dei segni d’aria con la Melato e Celentano ndr). Nel 1976 è già protagonista di una commedia sexy con Alvaro Vitali, La professoressa di scienze naturali di Michele Massimo Tarantini, a cui seguirà anche un film diretto dalla Wertmuller, La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (1977), ma la vera consacrazione sexy arriva con le copertine di Playboy, Playmen, Penthouse, Blitz. E poi nel film apparentemente sarcastico del ‘78 – Avere vent’anni , rivalutato negli anni duemila da Quentin Tarantino, con queste due autostoppiste (Carati e Guida) che vivono alla giornata tra comunità hippie, libertà sessuale e malintenzionati che dapprima appaiono come buffi affamati, ma poi finiscono per diventare terrificanti carnefici in uno stupro di gruppo ultracensurato, sembra quasi scriversi il destino futuro della Carati, anima debole ed ingenua travolta da uno showbiz vorace e mai sazio di popolarità da gettare nel tritacarne. Impossibile per la Carati passare inosservati, oltretutto in un’epoca di pornografia nascente su grande schermo. Ecco allora il tempo di altri due tre titoli da commedia sexy (di film ne ha girati in tutto 24); la relazione con il regista Pasquale Festa Campanile che la dirige ne Il corpo della ragassa – tratto da un libro di Gianni Brera e con il soggetto di Alberto Lattuada – dove interpreta una improvvisata prostituta e in Qua la mano dove ritrova Celentano; e infine l’arrivo del soft porno. È nel trittico di Joe D’Amato che avviene la svolta senza ritorno: L’alcova (1985), Il piacere (1985), Voglia di guardare (1986). Nell’87 il primo titolo porno Una moglie molto infedele, con la regia di Giorgio Grand (1987), sul cui set incontra e lavora con Rocco Siffredi. Sempre con Grand seguono Una ragazza molto viziosa (1987), Una scatenata moglie insaziabile e Il vizio preferito di mia moglie. Gli anni ottanta per la Carati sono però anche gli anni in cui comincia a drogarsi con una facilità che nemmeno bere un bicchier d’acqua. “Le mie vicende sono il risultato degli anni Settanta, di certi ambienti”, aveva spiegato in un’intervista di una decina d’anni fa, “La droga leggera era considerata un modo di essere. E io ero debole. Passare all’eroina è stato facile. Complice soprattutto un viaggio di Natale in Thailandia: lì ti riempivano di roba”. E ancora a Vanity Fair: “Giravo i porno per avere i soldi e comprarmi la droga. Mi facevo di eroina, cocaina, tutto”. Dopo due tentativi di suicidio e un arresto per detenzione di eroina la Carati finisce per tre anni in disintossicazione nella comunità Saman di Mauro Rostagno, periodo raccontato nel docufilm “Lilli, una vita da eroina” di Rony Daopoulos. Ma è solo nel 2008 che si torna a parlare di lei con una lunga serie di apparizioni nei rotocalchi tv, tra cui l’unico sentito e attento omaggio alla carriera personale senza troppi infingimenti di Marco Giusti in Stracult. Nel 2011 il regista Luigi Pastore le affida un ruolo da protagonista principale nel suo thriller La fiaba di Dorian, girando un teaser di presentazione. È il primo ritorno ufficiale di Lilli Carati davanti alla macchina da presa, dopo 22 anni dalla sua ultima interpretazione cinematografica. Il film che vede come produttori esecutivi i Manetti Bros. non è però mai uscito in sala. Quando, infine in un’intervista al Corriere della Sera sempre del 2008 le venne chiesto se aveva rimpianti o rimorsi per il proprio passato, la Carati rispose: “Niente. Il passato mi lascia indifferente. Fa parte della vita. E io sono cambiata”. I funerali si terranno mercoledì 22 ottobre, alle ore 14.30, nella chiesa di San Paolo, a Induno Olona, dove Lilli ha vissuto per anni, prima di trasferirsi a Varese, la sua città, dove ha vissuto assieme ai genitori negli ultimi anni della malattia". E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 21/10/2014 @ 07:40

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che ieri è morto René BURRI, il fotografo 'oscurato' dal suo scatto a CHE GUEVARA... lo scatto più noto rimane quello di Che Guevara mentre riflette con un sigaro alla bocca, durante un'intervista: è del gennaio del 1963 e, come l'altra foto famosissima del rivoluzionario argentino di Alberto Korda, si vende ancora oggi in milioni di esemplari su poster, cartoline, magliette. Chi la compra, tuttavia, difficilmente ne conosce l'autore. Eppure René Burri, morto ieri in Svizzera dopo una lunga malattia, è stato uno dei più grandi fotografi del Novecento. E tra le sue principali opere, ci sono ritratti di grandi della cultura come Picasso, Giacometti e Le Corbusier, icone del mondo del cinema dello spettacolo come Ingrid Bergmann e Ursula Andress... Nato a Zurigo nel 1933, Burri aveva solo 13 anni quando immortalò l'allora primo ministro britannico, Winston Churchill, durante una visita in Svizzera. Successivamente, fotografò anche gente comune incontrata, ad esempio, in Vietnam e Brasile e spesso l'architettura in ogni sua declinazione: edifici monumentali, nei confronti del contesto urbano. Prima della fotografia le passioni di Burri furono non a caso quelle della pittura e del cinema e fu per questo che frequentò, in gioventù, la scuola d'arte di Zurigo.... Finita la scuola cerca di dare seguito a questa passione tentando il mondo del cinema, ma le opportunità date dalla Svizzera in quel periodo erano davvero limitate. Decide quindi di dedicarsi alla fotografia che molto si avvicina al mondo del cinema. Nel 1950, all'età di 17 anni, entra quindi alla scuola di fotografia della sua città. E' in questi anni che inizia a lavorare come regista ed a realizzare i suoi primi documentari.... Contemporaneamente inizia ad usare la sua prima macchina fotografica, una Leica. Nel 1955 il suo amico Werner Bischof lo avvicina, mettendolo in contatto con l'agenzia Magnum Photos dove presenta il suo reportage sulla realtà dei bambini sordomuti. Il reportage, con grande soddisfazione dello stesso Burri, venne pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Life nonché su altre importanti riviste europee. Entrato a far parte della scuderia di Magnum Photos inizia la sua intensa attività come fotografo di reportage in giro per il mondo per realizzare i lavori commissionati da Magnum. Questi furono gli anni in cui Burri si recò in Italia, Cecoslovacchia, Turchia, Egitto ed altri paesi.... Nel 1959 diventa membro Magnum. Pubblica il suo lavoro sulla Germania a cura di Robert Delpire e con l'introduzione di Jean Baudrillard. Realizza sempre negli anni Sessanta altri importanti reportage. Sono da ricordare infatti quello del 1963 su Picasso e successivamente quelli su Giacometti e Le Corbusier. Sempre nel 1963 realizza il ritratto di Fidel Castro e di Che Guevara. Nella seconda metà degli anni Sessanta e negli anni Settanta lavora in Egitto, Israele, Vietnam e Beirut. Nel 1982 diventa presidente della Magnum Photos. Nel 1991 viene nominato Cavaliere dell'Ordine delle Arti e delle Lettere dallo Stato Francese e nel 2004 viene realizzata una grande retrospettiva che nel 2005 è arrivata anche in Italia per la prima volta. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 20/10/2014 @ 07:27

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che il principe Carlo era gia' sceso in campo pubblicamente contro l'invasione degli scoiattoli grigi 'americani' nei parchi e nelle foreste del Regno Unito. Adesso l'erede al trono britannico da' il via libera alla 'caccia' ai grigi', per preservare gli autoctoni rossi nelle sue proprieta' terriere, con una operazione che tuttavia promette ''un controllo umano e legale''. Carlo e' noto per essere un difensore dell'ambiente, in tema di scoiattoli 'rossi' e grigi' si e' pero' sempre mostrato convinto che serva un intervento drastico dell'uomo, come appunto gli abbattimenti in massa appena approvati per le sue tenute, per preservare gli scoiattoli rossi. Tutto sembra risalire al tragico errore di un banchiere in epoca vittoriana: di ritorno da un viaggio di lavoro in America ebbe l'infelice idea di importare gli scoiattoli grigi. Questi si sono cosi' imposti come specie dominante, scacciando i piu' piccoli e indifesi cugini nativi, dal caratteristico pelo rosso che adesso rischiano di scomparire (il 75% degli esemplari se ne sta 'rifugiato' in Scozia), oltre al fatto che i 'grigi' sono ritenuti colpevoli anche di danneggiare gli alberi e causarne la morte. E' per questo che l'erede al trono ha deciso di esporsi dando dapprima il suo patrocinio al cosiddetto ''accordo dello scoiattolo'', firmato nella sua residenza scozzese di Dumfries House da rappresentanti del governo, funzionari delle foreste, ambientalisti. E con il sostegno del ministero dell'Ambiente. L'erede al trono e' fra l'altro il patron del Red Squirrel Survival Trust, una fondazione che lotta per il ripopolamento dei 'rossi'. Londra come Nervi. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 19/10/2014 @ 08:58

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che questi sono gli incassi cinematografici italiani di ieri, sabato 18 opttobre:
1 E FUORI NEVICA! (ITA) € 460.406 per 68.300 spettatori
2 IL GIOVANE FAVOLOSO (ITA) € 388.001 per 58.617 spettatori
3 MAZE RUNNER (USA) € 276.482 per 38.736 spettatori
4 THE EQUALIZER (USA) € 234.644 per 33.043 spettatori
5 TUTTO PUO' CAMBIARE (USA) € 194.760 per 27.892 spettatori.
Vedere il film di Martone su Leopardi dare del filo da torcere alla cagata di Salemme e addirittura battere di brutto i Blockbuster americani, è una grande soddisfazione, un dato che inietta fiducia e positività. Crederci, sempre. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 18/10/2014 @ 08:20

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che "Io vivo bene qui, in mezzo a questi boschi. Odio la mondanità, le feste del Cinema. Pensi che quando alcuni anni fa ho ritirato il David di Donatello alla carriera, confesso che sono andato un po' in crisi perché dovevo partecipare alla cerimonia e non avevo lo smoking... Mai avuto in vita mia. Alla fine ho utilizzato un abito che avevo in armadio, di 30 anni fa...", chi cerca Mario Girotti, in arte TERENCE HILL, oggi settantacinquenne, deve venire qui, sulle Dolomiti. In Alta Val Pusteria, a San Candido. È qui che ha preso casa da sei mesi, proprio in mezzo ai boschi. È qui che tutte le mattine all'alba si sveglia per fare jogging. Alle 7.25 poi, inizia a lavorare: indossa la divisa da comandante del Corpo Forestale e arriva sul set di Un passo dal cielo, la fiction arrivata alla terza edizione e che andrà in onda a marzo su Raiuno. "L'altra sera hanno trasmesso in tv Il mio nome è nessuno e mi sono fatto tante risate... Mentre vedevo quelle scazzottate pensavo: ma sono io quello lì?".
Non si riconosce più in quei film?
"Ora li vivo più serenamente, mi diverto. Certo mi ricordo tutto del dietro le quinte, di come sono nate certe scene. Ma non è come quando mi rivedo in Don Matteo. Se guardo qualcosa realizzato di recente penso sempre a come si poteva fare meglio... Con i film di allora ormai rido e basta".
Tornerà mai a girare un film con Bud Spencer?
"Mai, capitolo chiuso. Epoca bellissima ma chiusa".
Ermanno Olmi, motivando il David alla carriera che consegnò nel 2010 a lei e a Carlo Pedersoli (Bud Spencer) scrisse: 'La gioia che c'era in quei film era arte, era grande cinema'. Lei quasi pianse.
"È vero, mi sono commosso. Olmi è un grandissimo del cinema. Fu una emozione immensa".
Lei sul palco quella sera disse che la camicia per quello smoking l'aveva comprata poche ore prima.
"Fu la verità: non faccio vita mondana. Non mi piace. Sa cosa mi disse un giorno il primo primo manager, all'inizio della mia carriera? 'Sbagli a non andare alle feste, così non diventerai mai qualcuno'. Pochi mesi dopo mi offrirono la parte da protagonista per il film Lo chiamavano Trinità. Sono fatto così, preferisco piuttosto posti come questo. Amo i boschi, la natura".
Ha saputo che proprio qui sulle Dolomiti quasi due mesi fa hanno ucciso un'orsa, Daniza. Poi ne hanno ucciso un altro anche in Abruzzo.
"Sì e mi sono arrabbiato moltissimo. Solo gli ignoranti non capiscono la ricchezza culturale, paesaggistica e ambientale che gli orsi aggiungono a un territorio".
Che differenza c'è tra la divisa di Pietro (comandante della Forestale) e la tonaca di Don Matteo?
"Uno va a cavallo, l'altro in bicicletta. Uno persegue i reati ambientali, l'altro prova a risolvere crisi di coscienza. L'integrità forse è il punto di contatto, l'amore per ciò che si fa, ciò che si è. Oltre al desiderio di aiutare gli altri. Il mestiere del Forestale credo poi sia bellissimo e molto diverso da quello degli altri corpi di sicurezza. Difende l'ambiente".
Lei è il protagonista anche dello spot del 1515 del Corpo.
"Sono onorato di questo. L'ho fatto gratuitamente per un ente che fa molto per il nostro Paese".
Invece rifiuta sempre le pubblicità commerciali.
"Sì e rinuncio anche a grandi compensi, ma credo sia giusto così. Se prestassi la mia immagine per promuovere un prodotto sarebbe come aprire una crepa con il mio pubblico. I miei personaggi sono integri e tali devono rimanere. Ora scusate ma devo tornare sul set. Oggi giriamo la scena dell'elicottero". Mentre esce incontra un elicotterista (vero) della Forestale che ferma Terence Hill e prova a scherzare: "Lo sa che io sono un suo superiore?", lui sorride appena e torna in scena.
Per quelli nati negli anni '60 e '70, il grande Terence Hill rappresenta un'icona senza tempo, con il suo socio Bud Spencer, schiaffoni e fagioli, polvere e spari, film rassicuranti e innocente allegria: Brigata Terence Hill! E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 17/10/2014 @ 07:41

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che Genova, la libreria “ritrovata” di via Luccoli, nel centro storico del capoluogo ligure ha riaperto la storica libreria di via San Luca... da Repubblica scopriamo che "Il nuovo capitolo inizia in via Luccoli. La saracinesca è ancora abbassata per metà ma sono tanti i genovesi che passando provano timidamente a entrate per sapere quando riaprirà la nuova libreria. Duecento metri quadrati, un grande salone minimal con 12 mila titoli per accontentare la curiosità di grandi e piccoli. Parte da qui l’avventura de “L’amico ritrovato”, la nuova libreria indipendente del centro storico messa in piedi da cinque ex dipendenti di Assolibro in via San Luca, chiusa lo scorso anno nonostante la mobilitazione generale e sostituita da un negozio cinese. Un nuovo presidio culturale e un nome che fa riferimento al bellissimo racconto di Fred Uhlman a pochi passi da piazza Fontane Marose dove fino a qualche tempo fa c’era un negozio di scarpe. "I vecchi clienti sono i primi a credere in questa avventura, sono i motivatori che ci hanno aiutato a realizzare un sogno — spiega Marco Parodi, 30 anni il più giovane tra i soci — Senza il loro sostegno non ci saremmo mai ributtati in una sfida come questa, tanto rischiosa quanto appassionante". Amici che si ritrovano davanti e dietro al bancone. Un anno di sogni e progetti portati avanti da chi ha vissuto anni tra gli scaffali. "Ci siamo seduti attorno a un tavolo per ripartire insieme, la chiusura di Assolibro è stata una bella batosta per tutti ma anche l’input necessario per ripartire — continua Marco mentre sistema gli ultimi libri per bambini dentro una grande valigia marrone — Non è facile mettersi in gioco in un periodo così delicato in cui le piccole realtà chiudono una dietro l’altra ma il centro storico ha bisogno della sua libreria". Un luogo di incontro e condivisione con le realtà della zona: presentazioni, gruppi di lettura, iniziative con le scuole e le associazioni, e laboratori per i più piccoli. In mezzo al salone due cassettiere donate da un tipografo di Rivarolo che sta per andare in pensione. "Qui dentro ci sono ancora i caratteri mobili usati per stampare, un mondo magico che non esiste più ma vale la pena di essere raccontato soprattutto alle nuove generazioni. Storie di vita che passeranno da qui". Luoghi che tengono vivo il territorio e riannodano i fili di una comunità con il pretesto di un buon libro. "E’ una sfida per noi e per tutto il centro storico. Non possiamo permetterci di perderla in un momento così critico — rilancia Fabio Masi, il veterano del gruppo — Speriamo che per questo nuovo capitolo sia previsto il lieto fine". E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 16/10/2014 @ 07:36

Dalla rassegna stampa 8e non solo) emerge che il Leopardi di Martone, da oggi "Il giovane favoloso" con Germano, piaciuto a Napolitano! Duecentocinquanta copie per il debutto e una grande mobilitazione scolastica con centinaia di prenotazioni da tutti i provveditorati italiani. Sta per cominciare, dopo l'accoglienza calorosa alla Mostra del cinema di Venezia, ai festival di Toronto e di Londra e dopo il successo popolare a Recanati nel weekend con 35 mila persone, moltissime in abiti ottocenteschi, il viaggio del "Giovane Favoloso" in sala... il film di Mario MARTONE, che Napolitano ha visto e apprezzato in proiezione privata, punta a far riscoprire, se ce ne fosse bisogno, la grandezza di Giacomo Leopardi... "Non c'e' bisogno di conoscere a memoria le poesie di Leopardi per andare a vedere questo film, si può - ha detto il regista - non conoscerlo affatto. Questa è la storia di un uomo speciale e immenso, complesso nelle sue contraddizioni, un rivoluzionario in lotta per la sua libertà contro le gabbie che la vita mette davanti a tutti noi, nella famiglia, nel lavoro, nella società. La gran parte di noi viene a patti con queste costrizioni, ci fa indossare delle maschere, ma lui preferisce romperle e vivere una vita piena, a costo di ricevere in cambio infelicità", e così, riscoprire Leopardi, fare la sua conoscenza in maniera approfondita "è fare un viaggio anche dentro noi stessi"... i testi del film sono tutti attinenti agli scritti di Leopardi: le poesie, lo Zibaldone, le Operette morali, e all'insieme del suo epistolario, una sorta di scrigno attraverso cui scoprire la sua vita, dalla giovinezza a Recanati con le giornate intere di studio nella biblioteca del padre, fino a Napoli con la composizione de La ginestra, il suo testamento poetico... il film, interpretato in maniera impressionante da Elio Germano, è in particolare rivolto proprio ai giovani che potranno sentire vicino quel giovane ribelle "Il tema della ribellione e della diversità lo rende vicino a noi - sul set Martone lo aveva definito un 'Kurt Cobain dell'800' - ma al tempo stesso immortale perché nelle sue poesie, come nella vita, tutto è autobiografico diceva Leopardi, c'è l'uomo da sempre"... Germano, che si è buttato a capofitto in un'impresa dalla quale esce con un'interpretazione da applausi, ha preparato "Giacomo" - lo chiama così solo con il nome - studiando prima delle riprese per 3-4 mesi, "un lusso vero per il cinema italiano" e quasi "non volevo andare sul set per continuare a studiarlo. Un attore può solo sognare di poter entrare in cotanti panni, in un mondo infinito così ricco che ogni volta che ti ci avvicini ti cambia. Leopardi ci insegna a vivere i nostri sentimenti, le nostre illusioni e io tutto questo dovevo restituirlo in carne: non è stato facile", Germano di Leopardi si è proprio innamorato, "perché tutta la sua vita e le sue opere affondano nella nostra inadeguatezza di persone. E a me, che faccio l'attore quasi per difendermi dal mio sentirmi inadeguato, è quello che sta a cuore più di tutto". Arpal, stiamo aspettando! E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 15/10/2014 @ 07:48

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che caso Bergamini, già l'autopsia del '90 smontava il suicidio, il viso del calciatore del Cosenza senza un graffio ma fu dato credito al trascinamento da parte del camion per 60 metri... dalla gazzetta.it scopriamo che "Se questo vi sembra un uomo trascinato da un camion per 60 metri... C’è una foto che parla. C’è una foto che grida. C’è una foto che fa indignare. E’ la foto di Donato Bergamini, un primo piano. Molto stretto. A parte la postura degli occhi, sembra il viso di un addormentato. Con la barba lunga di qualche giorno. Ma quello scatto non è una semplice foto: fa parte della perizia medico legale effettuata nel gennaio 1990 dal professor Francesco Maria Avato, lo stesso che ha contribuito a far riaprire il caso Pantani. Avete letto bene: gennaio 1990. Due mesi dopo la morte del centrocampista del Cosenza. Questa foto che ritrae la parte superiore del cadavere di Donato Bergamini mostra un volto senza segni di trascinamento, che dunque contrasterebbe con la ricostruzione iniziale delle cause della morte. Lo scatto fa parte della perizia medico legale effettuata nel gennaio 1990 dal professor Francesco Maria Avato, lo stesso che ha contribuito a far riaprire il caso Pantani. La foto è arrivata alla Gazzetta dalla famiglia Bergamini. La tesi del suicidio, inizialmente supportata dal racconto di due testimoni presenti sulla Statale 106 nei pressi di Roseto Capo Spulico, è stata sempre confutata da parte dei familiari del calciatore. Isabella Internò, ex ragazza di Bergamini, e Raffaele Pisano, l’autista del camion, sono stati iscritti nel registro degli indagati, rispettivamente per omicidio volontario in concorso e per falsa testimonianza, nella nuova inchiesta aperta dalla Procura di Castrovillari nel 2011. Bergamini, morto a 27 anni, ha indossato per ultima la maglia del Cosenza. In Calabria era diventato in breve tempo un idolo per i tifosi.
CASO RIAPERTO — La foto è arrivata alla Gazzetta dalla famiglia Bergamini. Sono stati la sorella Donata e il padre Domizio a decidere questo passo. Come mai? Fa capire, più di tante parole, quanto era poco credibile da subito la tesi del suicidio, un suicido raccontato agli inquirenti dai due testimoni presenti sulla Statale 106 nei pressi di Roseto Capo Spulico: Isabella Internò, ex ragazza di Bergamini, e Raffaele Pisano, l’autista del camion. Entrambi sono ora indagati, la Internò per omicidio volontario in concorso, Pisano per falsa testimonianza, nella nuova inchiesta riaperta dalla Procura di Castrovillari nel 2011. Prima di andare avanti nel racconto, serve una spiegazione: la Gazzetta ha deciso di non pubblicare sul giornale la foto. Certo, è un documento di grande importanza e non vìola nessun segreto istruttorio, ma potrebbe urtare la sensibilità di qualche lettore. E’ disponibile nel sito della Gazzetta: prima di visionarla si è avvertiti dei contenuti forti. Insomma, una presa di responsabilità. Precisato questo aspetto, torniamo al racconto: perché quella immagine grida e fa indignare? Seguiteci.
IL SUICIDIO — "Faccio entrare solo il papà a vedere il corpo: è straziato perché è stato trascinato per oltre 60 metri". Così il carabiniere Barbuscio accoglie, dopo un bel po’ di anticamera, i familiari del povero Bergamini il giorno dopo quel maledetto 18 novembre 1989. Hanno viaggiato da Argenta tutta la notte, con un dolore lancinante per la notizia piombata all’ora di cena: l’amato figlio, il calciatore lanciato verso una carriera importante in A, morto in circostanze misteriose. Quando arrivano nella caserma di Roseto Capo Spulico, sanno poche cose. Domizio entra nella stanza, gli fanno vedere solo il viso del figlio: il corpo è coperto da un lenzuolo. Barbuscio gli spiega: «Si è gettato sotto un camion, poi è stato trascinato per quasi 60 metri. Non lo tocchi». Il volto è pulito, tranne un piccolo graffio sulla fronte. Il papà sbotta: "Ma che cosa sta raccontando, ho guidato dei camion di quella portata: se uno ci finisce sotto finisce maciullato. Non può essere andata come dite voi". La battaglia lunga 23 anni inizia quel giorno. Come è stato possibile credere a una versione che faceva acqua da tutte le parti a iniziare da un viso pulito? Come è stato possibile che quel volto senza ferite ispezionato la mattina del 19 novembre anche dal pm di allora, Ottavio Abbate, non abbia instillato neppure il minimo dubbio sul suicidio, dando pieno credito al trascinamento? Ma c’è molto di più.
L’AUTOPSIA — Lasciamo stare i rilievi sballati (con piazzole di sosta spostate di 40 metri) effettuati da Barbuscio nelle ore seguenti al ritrovamento del cadavere (tutti confutati negli anni seguenti), quello che qui ci preme far notare è come si arriva alla foto in questione: con inspiegabile ritardo il pm solo a gennaio decide di far eseguire l’autopsia su Bergamini e ordina la riesumazione del corpo. La perizia è condotta dal professor Avato che scatta una serie di foto fondamentali e fa le sue ipotesi in una consulenza che avrebbe dovuto ripetere durante l’incidente probatorio, diventando una prova da utilizzare in un eventuale processo. Ma questo non accade: Avato non sarà mai sentito, né durante l’incidente probatorio, né al processo del 1991 con Pisano unico imputato (poi assolto) per omicidio colposo. I giudici sentenziano: Bergamini si è gettato sotto il camion. E poco importa se la foto scattata da Avato e la relazione medico-legale suggeriscano altre conclusioni e hanno un nome molto diverso dal suicidio. Il professore fa notare come sia impossibile il trascinamento, come le ferite siano concentrate solo su una parte (il fianco destro) e riconducibili a un sormontamento del camion, vale a dire le ruote fatte passare sopra un corpo steso per terra (e già cadavere come diranno le recenti consulenze, a partire da quella del Ris), Avato per spiegare meglio usa la metafora di un frutto schiacciato ed esploso. E’ quello accaduto alla parte destra del fianco di Bergamini. Ma sul resto del corpo il giocatore non presenta ferite, i vestiti (come dimostrano altre foto scattate sul posto da Barbuscio, immagini che ripubblichiamo) sono intatti, le scarpe ben strette ai piedi, persino le calze sono su. E poi c’è il viso: secondo i testimoni Bergamini si sarebbe buttato a pesce sotto le ruote e poi trascinato. Questo è raccontato agli inquirenti, questo non è mai messo in dubbio nonostante il corpo di uno sfortunato ragazzo dica altro. Gli inquirenti non cambiano idea neppure dopo l’autopsia di Avato. Anzi, quella perizia finisce dimenticata, l’incidente probatorio evaporato.
ATTESA — La foto parla e spiega come mai la famiglia non si sia mai rassegnata. Sta ancora aspettando una risposta: proprio in queste settimane la Procura di Castrovillari sta per chiudere l’inchiesta riaperta nel 2011 (ipotesi omicidio volontario) e condotta dal procuratore capo Franco Giacomantonio e dal pm Maria Grazia Anastasia. Il lavoro del professore Avato è agli atti insieme ad altre novità importanti (consulenze e testimonianze). La tesi del suicidio dopo 25 anni è stata spazzata via dalle nuove indagini. La strada per capire cosa sia accaduto nel 1989 è ancora lunga, ma è arrivata l’ora di capirlo. E magari un giorno qualcuno spiegherà alla famiglia e all’opinione pubblica come mai 25 anni fa sia stato possibile non porsi delle domande guardando un viso di un uomo che doveva essere irriconoscibile, ma aveva solo un graffietto sulla fronte.
E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 14/10/2014 @ 08:06

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che quando accadono questi eventi catastrofici, spesso a risentirne sono loro, i bambini... il caso più grave forse è quello del terremoto, il sisma in Emilia del 2012 fece danni mostruosi, non solo a livello materiale ma anche psicologico, infatti entrarono in azione parecchi addetti per cercare d'arginare i traumi che arrivano sempre dopo lo shock. Qui la situazione cambia, un fiume che esce non è la terra che balla, ma non sottovaluterei il riscontro che i bambini genovesi potrebbero accusare in seguito all'alluvione, non solo vedendo le immagini alla tv o su web, ma patendo l'atmosfera in casa, magari sentendo certi discorsi catastrofici, avvertendo la disperazione di un genitore, sentendo le tensioni eccessive e l'aria che diventa pesantissima... io sono della scuola di pensiero che i bambini dovrebbero sempre essere preservati dalle faccende di questo calibro, non hanno le strutture cognitive ed emotive per fronteggiarle, le vivono attraverso il caos interno e la sofferenza diffusa, che possono quindi creare ferite di lungo termine e ampio raggio. A proposito di bambini, ieri ho trovato un breve articolo che fa "Gira la moda, Poochie e Bebi Mia: i giocattoli cult delle bambine anni '90'. Quando erano ancora chiusi nelle loro scatole avevano qualcosa di magico, quasi miracoloso, e chi è stata bambina negli anni '80 e '90 non può che ricordarli con grande nostalgia. Non importa averli posseduti o solo desiderati: giocattoli come Dolce Forno, Polly Pocket o i Minipony hanno rappresentato un'epoca e fatto sognare più di una generazione. Ecco come si trascorrevano i pomeriggi quando computer e cellulari non erano ancora entrati nella vita dei più piccoli". Arpal, stiamo aspettando. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 13/10/2014 @ 07:44

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che ieri il sindaco Marco Doria ha fatto un giro in una delle zone alluvionate, al giorno terzo dopo l'evento catastrofico, per lo più si è preso in silenzio delle sonore urlate, a questo punto faceva meglio a starsene a casa, del tutto inutile scendere dopo così tanto tempo e solo in una zona circoscritta, quella più centrale e sicura, il Quadrilatero, e il Secolo titola "Doria, toccata e fuga tra gli alluvionati"... un vero Sindaco sarebbe da venerdì mattina sul posto, avrebbe trascorso 3 giorni tra la "sua" popolazione smarrita... una guida, un esempio, una figura che sostiene e trascina, non un semplice amministratore che fa i calcoli e cerca di salvare il salvabile... personalmente penso che Doria sia una persona per bene, legale e onesto, ma non lo ritengo adeguato al suo ruolo, qui ci vogliono grinta, carattere, carisma... terminata questa apocalisse, da persona retta qual'è, penso possa dare le dimissioni. Che il Sindaco è l'unico elemento che deve stare vicino ai suoi cittadini, tutto il resto sarebbe fuoriluogo e sospetto, assolutamente da evitare passerelle elettorali di partiti e politici nazionali. Che bene la decisione di levare Tasi, Imu e Tari agli alluvionati. Che in settimana ci aspettiamo qualche notizia dall'Arpal!? allora, abbiamo fatto una breve ricerca (se ci sono degli errori, segnalateceli grazie), ed è venuto fuori che il Direttore Generale è l'Avv. Roberto Giovanetti (telefono pubblico di ufficio: 010.6437220), ha questa carica dal 22 novembre 2011; genovese classe 1962, laureato in giurisprudenza ed abilitato alla professione di avvocato, assunto dalla Provincia di Genova nel 1988, è uomo di Pubblica Amministrazione, avendo sempre lavorato presso l’ente di piazzale Mazzini: funzionario e dirigente dell’avvocatura provinciale, dal 2004 al 2010 è stato responsabile del settore Ambiente ed Energia, prima di passare nel 2010 alla direzione del personale, dal 2011 quindi direttore Arpal... solo per questo compito, il suo stipendio è di 117.000 euro lordi all'anno, una cifra che non discuto perchè rifuggo dai luoghi comuni tanto urlati oggi, ma certamente una cifra che obbliga a certi standard di prestazione. Che non si vuole fare una caccia alle streghe di nessun tipo, ma chiediamo cortesemente al direttore di Arpal spiegazioni ed eventuali dimissioni. E forza Genoa!

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