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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 06/04/2015 @ 08:18

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che tra poliziotte, liceali e insegnanti sexy, Alvaro Vitali ha attraversato vent’anni di cinema ultrapopolare con 150 film, passando alla storia come il Pierino nazionale, il suo personaggio più celebre, a suon di pernacchie e scherzi scemi che riempivano le sale ma venivano bollati dalla critica come roba inguardabile. Oggi che ha 65 anni e i nostri cinema piangono miseria, il suo sogno nel cassetto è riportare Pierino sul grande schermo, in una versione riveduta e corretta in cui l’ex bambino terribile, ormai cresciuto, si è fatto prete e aiuta i ragazzi scapestrati della sua parrocchia: «La sceneggiatura è già pronta, mancano solo produttore e regista», spiega Vitali, protagonista ieri di Erotic Disco organizzata a Modena da Laika e Night Movie.
Gli esordi con Fellini. E pensare che la sua carriera era cominciata grazie a un venerato maestro del cinema d’essai, Federico Fellini, all’apparenza quanto di più lontano dall’immaginario trash della commedia sexy: «Avevo 16 anni quando il capogruppo della troupe entrò nel negozio di elettricista dove lavoravo, a Trastevere, e mi disse che stavano cercando un ragazzino piccolo e magro per un film di Fellini: “Perché non vieni sabato a Cinecittà? Ti porto io”. Io manco sapevo chi era Fellini, ma quel sabato andai allo Studio 5, che era strapieno di gente: ragazzi, ragazze, gente del circo, grassi, magri, nani…». La prova per entrare nel cast di «Satyricon»? Un fischio alla pecorara: «Entrammo io e un tipo di Napoli, Fellini chiese chi sapesse fare il fischio del merlo, io cominciai a fischiare alla pecorara e lui ordinò: “Prendete questo che è svelto, l’altro sta ancora ad aspettare il merlo”». Dice Vitali che l’autore di «Otto e Mezzo», con cui avrebbe lavorato in altri tre film - «I Clowns», «Roma» e «Amarcord» -, lo battezzò due volte: «La prima sul set di “Roma”, quando ballo il tip-tap e mi lanciano il gatto morto sul palco: mi disse che avevo dei tempi comici straordinari, e in effetti poi feci il comico. Poi in “Amarcord”, dove portavo calzoni alla zuava e una coppoletta in testa, un giorno mi fece: “Sembri Pierino”. Vedeva già le cose in anticipo…» .
Gli incontri casuali. La vita di un attore, fin dall’età più tenera, a volte è costellata da incontri che sembrano casuali: «Già a 8 o 9 anni ero andato a fare il primo provino, perché anche i miei genitori avevano fatto le comparse: giravano “Napoli milionaria” e c’era Mario Carotenuto a fare il casting. Mi scartò dicendo “questo è troppo secco, finisce che spira sul set”. Poi ci siamo rivisti ne “L’Insegnante”, con Edwige Fenech, molti anni dopo. Mi riconobbe e mi disse “mannaggia se lo sapevo ti cacciavo via subito”. E’ stato il mio maestro, mi ha insegnato tante cose, come stare davanti alla cinepresa prendendo sempre la luce, per non farsi impallare se qualcun altro si metteva in mezzo».
Le commedie sexy. La parte iniziale della carriera è scandita da piccole parti in film di Risi, Monicelli, Steno, Luigi Magni, persino Roman Polanski in «Che?», fino alla lunga serie di ruoli nelle commedie sexy anni 70 e 80: «Con la Fenech ho fatto più film in assoluto con la serie della Poliziotta, ho lavorato anche con Gloria Guida in tre film: la prima volta che recitava, Gloria era tutta timidina e impaurita per le scene dove doveva scoprirsi. Gli dicevano devi levarti la gonna, e lei era un po’ sulle sue. C’era un bel clima sul set, ci divertivamo noi prima di tutti, e io facevo scherzi come spegnere le sigarette con una siringa senz’ago a quelli che fumavano di nascosto, oppure riempivo d’acqua le scarpe di Renzo Montagnani in camerino». I ritmi di lavoro erano infernali, fino a due film e uno spettacolo a teatro contemporaneamente, perché il cinema a fine anni 70 era ancora un’industria fiorente: «Lavoravo allo stesso tempo ne “La poliziotta” e in uno dei film dell’insegnante, mentre a teatro facevo “Rugantino”: la notte non dormivo mai, facevo i ringraziamenti al Sistina e subito dopo mi precipitavo a Bari sul set, poi tornavo a Roma per un altro film. Ma ero felice, questo lavoro non mi ha mai stancato». I giudizi sprezzanti della critica sul suo Pierino e gli altri ruoli nei film scollacciati gli sono pesati: «A loro non piacevano la pernacchia, la parolaccetta, quando oggi invece è molto peggio. In un film di Bellocchio c’era una scena di un peto incendiato e andava bene, ma se lo faceva il mio Pierino era volgare e ne parlavano tutti male. Io però facevo fare soldi a palate, un Pierino ha incassato più di James Bond. Il mio era un genere di serie B ma portava la gente al cinema, invece adesso guarda come stiamo…».

Il 23 maggio, grazie alla patologica perseveranza di Luca Carini, si giocherà l'ennesima edizione di UNITED IN THE NAME OF GENOA, torneo calcistico a 5 con 8 squadre che si contenderanno l'ambita coppa, prima della festa finale con cena e premiazione al ristorante pizzeria La MERIDIANA nell'omonima piazza tra via Cairoli e via Garibaldi (ottimo posto che vi consiglio del nostro caro Andrea). La grande novità è che UCGC e GIR uniranno le forze, dando vita a una sola squadra, di potenza mostruosa e immenso appeal. Sarà spettacolo! E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 05/04/2015 @ 08:43

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che la sua carriera ricomincia a 76 anni (li compirà ad agosto) con una nuova edizione del Maurizio Costanzo Show, dal 12 aprile in prima serata su Rete4, ma nel frattempo non si è risparmiato, è passato da Che tempo che fa all'Arena di Massimo Giletti. Nella stagione della crisi dei talk show politici, punta sul privato: nella prima puntata ospiterà a moglie Maria De Filippi, Mara Venier e Sabrina Ferilli.

Costanzo, ha abolito la politica: di cosa si occuperà?
"Indagherò sulle relazioni private e la famiglia, i rapporti padre-figlio, marito e moglie, in futuro incontrerò ad esempio il figlio di Virna Lisi, Corrado Pesci, la vedova di Mike Bongiorno. Ma non mancheranno i comici storici lanciati dallo show come Giobbe Covatta e Enzo Iacchetti".

Il suo salotto ha chiuso sei anni fa: oggi che Italia pensa di trovare davanti alla tv?
"La stessa, forse più adulta perché quella più giovane sta sempre più sul web. Per il resto, da quando ho smesso nel 2009, l'Italia non è così cambiata. Dico sempre che con la tv generalista l'età media è alta e a ogni brutta influenza perdiamo spettatori".

Quindi sta dicendo che la tv generalista più che per mancanza di idee finirà per mancanza di pubblico?
"Ma no, però penso che tra cinque o sei anni ci saranno solo tv tematiche e web. L'Italia che mi aspetto è quella di sempre perché l'Italia quello è e io sono affezionato a questi italiani".

Come vede l'informazione?
"Per me la mattina è un rito leggere la mazzetta dei quotidiani, un piacere che le nuove generazioni non conoscono. Vanno sul computer, il web ha preso piede, hanno tutti i tablet e gli smartphone. Chissà tra sei o sette anni che succederà dei giornali. Come diceva Seneca: 'Non si può fermare il vento con le mani'".

Sa vivere senza televisione?
"Non lo so, probabilmente senza radio - conduco un programma su Rtl - e senza tv, vivrei così e così".

Perché ha deciso di occuparsi della famiglia?
"Perché m'incuriosiscono i legami, il non detto. Un medico ospedaliero mi ha detto che le persone, in punto di morte, anche se hanno figli, mogli e mariti, invocano il padre e la madre. Torniamo alle radici".

Si è sposato quattro volte e ha tre figli. In famiglia com'è stato?
"Attento fino a quando ci stavo, poi la carriera mi ha trascinato".

Maria De Filippi dice sempre che le deve tanto. Lei cosa deve a Maria?
"L'attenzione nei miei confronti, si è presa cura di me. Maria è una donna attenta, precisa, io sono abbastanza cialtrone, anche sulla mia salute. Se non avessi avuto questo cane pastore vicino non so come sarebbe andata. Mi dispiace dirlo perché non voglio darle soddisfazione, però è così: mi ha salvato da me stesso. E poi è una persona con cui non mi sono mai annoiato. Non è che facciamo cose da perdere la testa, lei lavora molto e anch'io. Ma mai un momento di noia".

Come giudica i suoi rapporti con le donne?
"Mi reputo molto fortunato di aver trovato Flaminia Morandi, la madre di Camilla e Saverio, i miei figli grandi, e di aver incontrato Maria, con cui ho adottato Gabriele".

E come padre che voto si dà?
"Che ne so, che domanda. Certo sono stato spesso assente, sempre per lavoro. Specie nel periodo in cui ero a Milano".
FotoMaurizio Costanzo: "Senza tv non ci so stare"

Ha inventato l'Irene Pivetti televisiva, era amico di D'Alema. Oggi il suo rapporto con la politica com'è?
"Quasi inesistente. Per ora, salvo eccezioni, penso di non far venire nessun politico. Ce ne sono già tanti negli altri talk show".

Le rare apparizioni televisive di Sergio Mattarella sono nel suo storico Costanzo Show. L'ha cercato quando è stato eletto presidente della Repubblica?
"No. Ma mi fa molto piacere rendergli omaggio: aprirò la trasmissione con due momenti brevi, quando venne nel 1997 e nel 2000".

Pensa che Renzi sia il nuovo Berlusconi?
"Renzi lo ricorda abbastanza, ma Berlusconi aveva una marcia in più, una capacità di risorgere che non vedo facilmente in altri politici. Nessuno è come lui. Però Renzi non mi dispiace per determinazione, se penso ai Monti e ai Letta, siamo vissuti in un limbo. Brave persone, per carità, ma fatti pochi. Renzi, pur sbagliando, fa; poi forse mi piace perché è giovane e porta un po' di vitalità".

Ha più sentito Berlusconi?
"L'ultima volta un anno fa. Mi ha chiamato - ed è stata una vera sorpresa - per il mio compleanno".

È l'anno della fuga dai talk show politici, pensa che il genere sia morto?
"No. Il troppo affollamento non ha aiutato, quando la stessa sera, il martedì, hai Floris e Giannini. Perché dovrebbero fare più del 5% di share? Il problema vero, secondo me, è l'evidente distacco dalla politica da parte del pubblico. Questo è il male".

Ha letto della riforma della Rai?
"Sì ma malgrado mi sia sforzato, non ho capito una serie di cose. Per esempio mi sfugge l'accorpamento dei tg".

Renzi vuole lasciare la politica fuori dall'azienda: ci crede?
"Mi sembra difficile ma è giusto provarci".

Chi è il più bravo della stagione televisiva?
"Crozza mi piace da morire, è un fuoriclasse. Riesce in imprese incredibili, coglie al volo i personaggi, da Landini a Mattarella. Sfiora la genialità".

Oggi perché è così difficile cercare nuovi comici?
"Se si riattiva qualche cantina, forse un talento spunterà. Una volta c'era il teatro di rivista e prima ancora si attingeva dall'avanspettacolo: ora non c'è niente".

Ci sono i talent show.
"Il talent non è facile a farsi, deve avere un'originalità: The Voice è carino, Amici funziona. Ma io non faccio testo perché sono acritico, i programmi di Maria, da Uomini e donne anziani in poi, mi piacciono tutti".

Sua moglie è una potenza in televisione, è mai stato geloso del suo successo?
"No, sono orgoglioso e ben felice per lei. Fui il primo a capire che aveva talento, era molto intelligente. Quando faceva l'assistente mi segnalò un'inchiesta fatta dalla Fiat: il risultato era che per i giovani contava più di tutto l'amicizia. Così nacque il primo Amici, lo conduceva Lella Costa che rimase incinta. Maria disse: ci provo io. È andata migliorando sempre di più, oggi è la Maria De Filippi che conosciamo".

Il segreto per fare buona televisione?
"Per mia fortuna ho fatto sempre la tv che mi somigliava; non credo che si possa fare una televisione che non ti somigli. Se no fai l'attore".

Lei è stato segnato dalla vicenda della P2.
"Ho fatto una stronzata ma non ho commesso nulla, non ho avuto nessun coinvolgimento giudiziario".

Lavorava, guadagnava, aveva tutto: perché fece quella scelta? Per sete di potere?
"Per dare retta a un paio di persone che conoscevo, ero confuso. Dopo non mi sono più iscritto neanche alla bocciofila. Negli anni ho avuto la possibilità di riprendermi. Non mi ha mai consolato il fatto di essere in alta compagnia, ce l'avevo con me stesso. Malgrado tutto la gente si è comportata benissimo con me. Ha capito più di tanti giornalisti".

Che vuol dire?
"Che i giornalisti hanno continuato a giudicarmi".

Rimpianti?
"Vorrei avere vent'anni di meno. Per il resto sono soddisfatto: tranne la danza, nello spettacolo ho provato tutto".

Costanzo meglio di Gasperini? Potrebbe essere. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 04/04/2015 @ 07:32

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che uno studio internazionale realizzato dall'UOC di Neurochirurgia dell'Istituto GASLINI di Genova in collaborazione con il CHU Sainte-Justine Research Center di Montreal ha individuato nuovi geni responsabili della spina bifida. I risultati dello studio sono stati pubblicati dalla rivista scientifica internazionale Journal of Medical Genetics. I neurochirurghi dell'Istituto Gaslini, guidati dal dottor Armando Cama direttore dell'Unità Operativa Complessa di Neurochirurgia, si occupano da anni del trattamento multidisciplinare di bambini affetti da questa grave disabilità, mentre i genetisti della stessa UOC con le dottoresse Valeria Capra, Patrizia De Marco e Elisa Merello, in collaborazione con la la dottoressa Zoha Kibar di Montreal, hanno dedicato gli ultimi 20 anni alla comprensione delle cause genetiche della spina bifida. Nonostante i progressi degli ultimi anni, rimane ancora molto da fare per identificare completamente i fattori di rischio genetici associati alla Spina Bifida, ma con le nuove tecnologie oggi a disposizione è auspicabile che i ricercatori siano in grado di arrivare a una risposta in modo molto più veloce, confrontando i dati di sequenziamento del DNA di ogni paziente con quelli prodotti in ampie popolazioni di soggetti con le stesse caratteristiche, identificando così i meccanismi comuni che ne sono alla base. "L'identificazioni di nuovi geni ci permetterà di chiarire, nel tempo, tutti i meccanismi biologici, ancora in gran parte sconosciuti, che portano all'insorgenza della spina bifida e per mettere a punto nuove e più mirate strategie di prevenzione primaria, mediante individuazione degli individui con più alto rischio dell'insorgenza di queste malformazioni" spiega la dottoressa Valeria Capra, coordinatrice del progetto. "La conoscenza delle basi genetiche della Spina Bifida permetterà la creazione di pannelli di screening nella popolazione a rischio e nelle coppie fertili e ci auguriamo di poter inoltre individuare nuovi target terapeutici di prevenzione, oltre all'uso già efficace dell'acido folico". Rispetto per le due équipe di ricercatori, rispetto per chi con il suo lavoro s'impegna a combattere le patologie neonatali.
Sotto, solo chi cade può risorgere: e forza Riks!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 03/04/2015 @ 07:32

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che ieri è mancato un grandissimo, è morto all’età di 106 anni il regista portoghese Manoel DE OLIVEIRA. Dalla sua prima pellicola, nel 1931, de Oliveira ha girato oltre 50 film, la maggior parte di questi realizzati dopo i 60 anni. È stato uno dei cineasti europei più prestigiosi e originali. Massimo rappresentante del cinema portoghese, de Oliveira nei suoi lavori si è ispirato alla storia e alla tradizione culturale lusitana. Per chi scrive era un punto di riferimento, una sorta di idolo anomalo: avevo visto alcuni suoi film (non molti perchè la triste distribuzione italiana ne passava davvero pochissimi), ma non era un idolo per la sua opera cinematografica bensì perchè continuava a sfornare films a 80 anni, 85, 90, 95, quando ha fatto un film a 100 anni c'era chi non ci credeva, nel senso che il regista è una lavoro decisamente faticoso... ma lui non si faceva problemi, tanto che ha continuato dopo il secolo: "Singolarità di una ragazza bionda" (2009), "O Estranho Caso de Angélica" (2010) e "Gebo e l'ombra" (2012), fatti a 100, 101 e 103 anni! Nel 1985 a Venezia gli tributarono il Leone d'Oro alla Carriera, a 77 anni la Giuria voleva premiare una carriera ormai giunta al termine, ma il nostro Manoel fece il MIRACOLO continuando e anzi aumentando a dismisura la produzione filmica, tanto che accadde un unicum, l'evento irripetibile: nel 2004 il Festival gli tributò nuovamente il Leone d’Oro alla Carriera!!! e come se non bastasse, nel 2008 si portò a casa anche la prestigiosissima Palma d’Oro alla Carriera al Festival di Cannes. Fino agli ultimi suoi giorni, aveva scelto di stare dietro la cinepresa: aveva infatti festeggiato il 106° compleanno con l'uscita in patria di quello che rimane il suo ultimo cortometraggio, "O Velho do Restelo" (Il vecchio di Restelo), girato in primavera e presentato all'ultima Mostra di Venezia. Quel cinema che, in poche parole, aveva descritto come "una riflessione sull'umanità" e che usava anche le altri arti come ispirazione, il teatro e la letteratura prima di tutto. Quando nel 1994, in un freddo cineclub di Padova, solo e in cerca di una personalità convincente, vidi "La valle del peccato", rimasi stupefatto commosso e turbato: la meravigliosa trasposizione sul grande schermo di "Madame Bovary" di Gustave Flaubert mi fece godere più delle tante donne che i mesi precedenti mi spaccarono la branda del letto. Con lui in vita, così anziano e così attivo, la nostra esistenza sembrava infinita e senza limiti. Adesso, non più. La mia stima per un uomo che a 106 anni lavora ancora con cura e tratta delicatamente temi attualissimi, è infinita; il mio amore per chi a 106 anni analizza dolcemente il mondo femminile come pochi altri, è immenso. Mi auguro che almeno un pò, a livello inconscio, io abbia pensato a lui, quando 21 mesi fa decisi di chiamare mio figlio Emanuele. E in mezzo agli onore di qua e rispetto di là che si leggono da ogni parte, in ogni stadio e in ogni profilo, mi piace qui scrivere: ONORE A MANOEL DE OLIVEIRA! E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 02/04/2015 @ 07:48

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che "il problema più grande di un bambino autistico? Nessuno lo riconosce subito: non ha i segni di un coetaneo down né deve muoversi in carrozzina. Così, quando ti corre incontro per abbracciarti o semplicemente ti prende il gelato, il pericolo di essere escluso può essere molto forte". Don Andrea Bonsignori è un prete quarantenne, dirige la scuola paritaria che sta dentro il Cottolengo, il più antico istituto benefico di Torino, dove gli allievi disabili sono 35, il 12 per cento del totale. "Per inserire i ragazzi autistici nel mondo del lavoro — racconta — abbiamo fatto un accordo con Lavazza. Dalla prima media in poi, gli allievi iniziano a caricare i distributori, è un lavoro che si ripete e che li conforta, e alla fine diventano autonomi e possono farne un’attività professionale. È la nostra iniziativa più bella, insieme a un’altra, la squadra di rugby". La giornata mondiale dell’autismo tornerà, almeno per un giorno, a far parlare del problema che coinvolge 500mila famiglie in Italia e riguarda un bambino su 68 stando alle ultime ricerche riportate dal Bambin Gesù di Roma. I monumenti più importanti delle città si illumineranno di blu, mentre in sette regioni d’Italia partirà lo “Sportello Autismo”, dove gli insegnanti che hanno già maturato un’esperienza nel merito aiuteranno quelli che la stanno affrontando ora, fino a far crescere un pool di specialisti in ogni città. E 14 master di didattica e psicopedagogia sui disturbi dello spettro autistico formeranno 1.500 studenti. Già oggi però molte scuole e amministrazioni locali, ma anche fondazioni private, hanno compiuto passi importanti nella diagnosi e nell’assistenza. E mentre sulla causa dell’autismo si continua a discutere (circa per un paziente su tre c’è una mutazione genetica) gli adulti autistici di oggi sono spesso persone con un buon livello di indipendenza. Alla scuola “Gandhi” di Prato si sperimentano varie tecniche didattiche, "ma soprattutto — spiega l’insegnante Stefania Vannucchi — si lavora con l’orto, il ristorante, l’equitazione, cercando un modello inclusivo". A Cortona invece, il Comune impiega tutti i fondi a disposizione (200.000 euro in un paese da 15.000 abitanti) per pagare gli educatori da inviare nelle scuole e nel centro diurno per bambini autistici. E vicino a Reggio Calabria l’ingegner Giovanni Marino, tornato in Italia dopo la nascita di due figli con questa malattia, ha creato un grande centro residenziale dove la cura e la riabilitazione sono messe gratuitamente a disposizione di molte famiglie, "perché il nostro problema è quello che accadrà dopo di noi". Intanto la ricerca si muove verso la diagnosi precoce, come racconta la neurobiologa Maria Luisa Scattoni: "Cerchiamo di diagnosticare nei neonati dei segni nel pianto e nei gesti che possano confermarsi come anticipatori di una diagnosi che arriverà prima dei 3 anni. Abbiamo 80 bambini a basso rischio, senza segni della malattia in famiglia, e altri 17 ad alto rischio, e abbiamo già verificato che c’è una differenza nel modo di muoversi e di emettere la voce già a 12, 18 settimane di vita tra chi poi rivelerà la malattia. Questo significa poter intervenire molto prima. Il nostro studio è condotto dall’Istituto superiore per la sanità e si svolge in molti ospedali italiani". Oggi quindi è possibile per i genitori avere aiuto con i bambini piccoli. "Ma — conclude Scattoni — i malati di autismo vivono quanto le altre persone e, dopo i 18 anni, rischiano di diventare pazienti psichiatrici, spesso senza strutture in grado di aiutarli".
Sotto, Sebino Nela nel 1978 a 17 anni, restò con noi 3 stagioni (1978-1981) giocando 70 gare e segnando 6 goals... poi andò a Roma per spaccare. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 01/04/2015 @ 07:16

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che ADA è una bambina diversa dagli altri, ha un potere speciale: se tira degli accidenti a qualcuno si avverano, purchè siano in rima. Cosi' quando la sua maestra esagera con i compiti da fare lei pensa: "che ti venga immediatamente un mal di testa sconvolgente. Che duri per davvero un cinquino di giorni intero" e quando torna a scuola trova una supplente per cinque giorni. Capita anche con compagni di classe, vicine di ombrellone che si ritrovano con gambe rotte o in situazioni imbarazzanti. Certo, non dispiacerebbe a molti avere questo potere ma è anche una responsabilità essere 'La bambina fulminante' protagonista del secondo libro per ragazzi di Paolo NORI, titolo di punta della Rizzoli alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna. "Sì, Ada è una bambina che ha il potere di far realizzare gli accidenti che tira alla gente, e questo comporta il fatto che deve star molto attenta a quello che pensa e a come lo pensa", dice Nori. Con una grande libertà nel linguaggio e le illustrazioni di Andrea Cavallini, Nori ci fa entrare in un mondo in cui la poesia è grande protagonista ma non lo fa per avvicinarla al mondo dei piccoli. "Non ho voluto avvicinare niente a nessuno, ho cominciato a scrivere ed è saltato fuori questo libro, dove, tra le altre cose, si parla di poesia, che è un argomento che mi interessa e con il quale credo anche i bambini abbiano a che fare" spiega lo scrittore. "Quando poi il libro è finito e l'ho riletto, sono stato contento - continua - del fatto che c'eran finite tre cose, una poesia di Ramayana , una bambina di nove anni che ha scritto 'Le mani che scrivono le poesie / sono le stesse mani / che fanno le pulizie', che a me sembra una poesia bellissima, e due cose che ha scritto un filosofo (quindi, si immagina, uno scrittore per grandi), Giorgio Agamben". In un libro che è molto piaciuto a Nori e che si intitola 'Il fuoco e il racconto' Agamben "ha scritto due cose, per me, memorabili, la prima che la bellezza, cioè l'arte, cioè la poesia, se vuoi, non servono per rendere visibile l'invisibile, ma per rendere visibile il visibile, la seconda che un poeta è uno che è in balia della propria impotenza. Ecco, quest'ultima cosa io credo sia la chiave della Bambina fulminante, ammesso che il libro abbia una chiave". Divisa in undici capitoli, la storia si svolge in un treno interregionale che da Bologna va a Prato dove una bambina di dieci anni, Ada, aspetta da un po' che si liberi il bagno ma lo scopriamo dopo e "il tempo narrativo dura un minuto", dice lo scrittore che, come in un intercalare, chiede anche ai lettori: "vi annoiate, vi interessa, non vi interessa?". Autore di libri per grandi, l'ultimo è 'Siamo buoni se siamo buoni', Nori non sente una grande differenza tra i due tipi di scrittura. "La cosa che un po' mi preme, di questo libro come del libro per ragazzi che ho scritto tre anni fa, che si intitola Tredici favole belle e una brutta, è il fatto che, come nei libri che scrivo per grandi, ci sono una sintassi e una grammatica non ortodosse, libere, mi vien da dire, che mi sembrano in armonia, se così si può dire, con le cose che ho provato a dire quando sono andato nelle scuole elementari a fare dei seminari di scrittura". Quando scrivono per la maestra, continua lo scrittore "è giusto che i bambini e le bambine rispettino la grammatica e che stiano attenti ai tempi verbali e all'ordine delle parole e alle ripetizioni e a tutto, ma quando scrivono per raccontare delle storie, la grammatica se la possono anche dimenticare: possono, se vogliono, usare le parole come usano i COLORI quando fanno un disegno, con la massima libertà, come vogliono e come gli viene".
Sotto, 1977, Gregorio Basilico, modesta e tenera ala sinistra rossoblù dal 1976 al 1978. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 31/03/2015 @ 07:48

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che "Mi pento poco delle scelte fatte in passato, compresa quella dell'addio alla musica nel 2001, poi riconsiderato. Anche perché il nastro non si può riavvolgere in nessun caso. Ma oggi guardando indietro, penso che avrei potuto spiegarmi meglio nella lavorazione di certi testi, avrei potuto aprire di più il mio modo di comunicare". Marco MASINI è reduce da un Sanremo che lo ha visto arrivare sesto con il brano "Che giorno è", apprezzato da pubblico e critica, e pronto a partire dall'11 aprile da Mestre con un tour teatrale che lo porterà in giro per l'Italia per presentare il suo album antologico Cronologia. E ripercorre gli inizi della sua carriera, quegli anni Novanta che dopo avergli regalato grandi soddisfazioni con canzoni come Disperato, Malicononia, T'innamorerai o Vaffanculo, lo hanno anche spinto - marchiato con timbro del portatore di sventura - alla decisione, temporanea, di lasciare. "I Novanta sono stati anni difficili, i giovani morivano di paura, davanti a una società che si sfaldava. Era difficile non gridare quella paura, quella rabbia. Forse avrei potuto trovare risposte più soddisfacenti, linguaggi diversi, dire le stesse cose con parole diverse". Il pubblico però non l'ha mai abbandonato, regalandogli nel 2004 anche la vittoria a Sanremo con "L'Uomo Volante". E Sanremo non l'ha tradito neanche quest'anno, dove è tornato per la settima volta. "Il festival è sempre un'avventura nuova - racconta -. E' vero che c'era il mio amico Carlo Conti, ma a spingermi ad andare di nuovo è stata la canzone che avevo. Sapevo che era un pezzo forte, che valeva. E ho avuto ragione: ho saputo reggere il confronto con le nuove generazioni: sono arrivato prima dei Dear Jack - scherza -. Questo mi fa pensare di aver intrapreso un'evoluzione musicale che va nella direzione giusta. Io sono sempre stato quello della messa in discussione". Ma dove vuole arrivare il nuovo Marco Masini, l'artista che cambia pelle, che non smette mai di mettersi in gioco? "I tempi cambiamo, si cresce, si matura, si cantano cose diverse. Si trasforma la fragilità dell'adolescenza in forza anche in necessità di vivere, sfruttando ogni piccolo istante. Mi piace il pop e l'obiettivo e arrivare a fare della buona musica. Ho ripreso a cavalcare un'onda che mi porta al riequilibrio artistico. Non so che direzione prenderà la musica, io però so che devo fare attenzione a dove andrà per esserci. E lavorare è l'unico modo per ottenere il consenso del pubblico. Anche per essere trasmetti in radio. Altri trucchetti sono inutili". Un nuovo album, dopo il triplo album antologico uscito a febbraio, ancora non è in vista e la concentrazione per ora è tutta rivolta al tour. "Il concerto è pensato per essere un viaggio a ritroso nel tempo. Dalle canzoni di oggi a quelle del passato, cercando di capire cosa è successo nel frattempo. Inserirò anche brani meno conosciuti per capire se oggi possono essere ascoltati in maniera diversa dal passato. La difficoltà sarà quella di rendere omogeneo il tutto, senza far apparire gli anni '90 come preistoria". Del passato rimpiange solo una cosa: "la figura del produttore, che ti spiega come affrontare una canzone, come cantarla. Oggi ci sono i coach dei talent, ma non è la stessa cosa. Servirebbe un gruppo di lavoro - auspica - per prendere in mano i giovani e renderli capaci di autoprodursi per non sparire una volta finito l'effetto talent. Jovanotti è l'artista che è, anche perché ha avuto dietro di sé Claudio Cecchetto".
Sotto, correva l'anno 1977, due grandi talenti del decennio '75-'85: Pruzzo e Causio. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 30/03/2015 @ 07:59

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che per la prima volta in Italia, una mostra racconterà uno snodo cruciale dell'arte europea del primo '900'', quello della NUOVA OGGETTIVITA' tedesca, fiorita all'epoca della Repubblica di Waimar trail 1919 e il 1933. Allestita a Venezia, negli spazi del Museo Correr, dall'1 maggio al 30 agosto, in concomitanza con la Biennale delle Arti visive, l'importante rassegna proporrà, tra le altre, opere di Otto Dix, George Grosz, Christian Schad, August Sander e Max Beckmann, per illustrare un rivoluzionario linguaggio espressivo che tinge di disincanto i canoni della figurazione. Con il titolo 'Nuova Oggettività. Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, 1919-1933', la mostra é il risultato della collaborazione tra il Los Angeles County Museum of Art (Lacma) e la Fondazione Musei Civici di Venezia (e il supporto di 24 Ore Cultura - Gruppo 24 Ore), che insieme sono riusciti a riunire circa 140 opere tra dipinti, fotografie, disegni e incisioni realizzati da una quarantina di artisti. Alcuni di essi molto noti (appunto Otto Dix, Grosz, Schad) considerati i maestri della modernità dell'arte tedesca, altri meno conosciuti (come Hans Finsler, Georg Schrimpf, Heinrich Maria Davringhausen, Carl Grossberg e Aenne Biermann) eppure essenziali per indagare nella sua completezza il movimento. Durante i 14 anni della Repubblica di Weimar, gli artisti tedeschi dovettero fare i conti con le devastanti conseguenze della prima guerra mondiale, con gli effetti sociali, culturali ed economici del rapido processo di modernizzazione, industrializzazione e urbanizzazione che stava trasformando il volto della Germania, e con le conseguenti problematiche legate alla piaga della disoccupazione dilagante e alla disperazione di vasti strati della società. Quindi, fino all'avvento del nazismo, la prima democrazia tedesca si rivelava un fertile laboratorio di esperienze culturali: dal tramonto dell'espressionismo alle esuberanti attività antiartistiche dei dadaisti, dalla fondazione del Bauhaus e all'emergere di un nuovo realismo. In ultima analisi, questi artisti riuscirono a esprimere liberamente il loro anelito alla verità in immagini di grande suggestione. Sancito dalla mostra del '25, intitolata 'Nuova Oggettività', il movimento raccoglieva un gruppo eterogeneo di pittori, che non si erano dati un manifesto programmatico, né avevano una tendenza politica condivisa. Ad accomunare i fautori di questa nuova figurazione erano soprattutto lo scetticismo sulla società tedesca e la consapevolezza dell'isolamento umano determinato dalle trasformazioni economico-sociali in atto. E' questo disincanto che porta i maestri tedeschi del tempo ad allontanarsi dalla soggettività esasperata e dalle distorsioni formali dell'espressionismo, optando invece per il realismo, la precisione, la sobrietà e oggettività. Un percorso espressivo che porta gli artisti a rivisitare tecniche e generi della grande tradizione pittorica, con un nostalgico ritorno al ritratto e una spiccata attenzione per la resa delle superfici. ''Provenienti da retroterra diversi - spiega la curatrice della mostra Stephanie Barron - questi artisti hanno abolito l'emotività, l'enfasi espressiva e lo slancio estatico per impegnarsi a registrare e smascherare la realtà immediata, osservandola con uno sguardo sobrio e impersonale''. Nel complesso, prosegue, essi ''hanno creato il ritratto collettivo di una società alle prese con una difficile transizione, in immagini che, oggi come allora, appaiono stupefacenti''. Senza alcun dubbio, aggiunge la direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia Gabriella Belli, che ha collaborato alla curatela, ''la Nuova Oggettività, con i suoi diversi approcci al realismo, talvolta critici o satirici, talvolta freddi e imperturbabili o ammalianti e magici, persino dediti a una resa minuziosa della realtà, hanno risposto alle difficoltà di un'epoca tumultuosa con soluzioni artistiche incisive''. Dopo l'edizione veneziana, l'importante rassegna andrà a Los Angeles, al Laccia, con una analoga selezione di opere.
Sotto, "Nuova Oggettività Tedesca" (primi due), "Vivace Amarcord Genoano" (il terzo). E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 29/03/2015 @ 08:11

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che la psicoterapia combinata con la farmacoterapia dà migliori risultati nell'eiaculazione precoce sia del solo uso di medicinali che della sola psicoterapia. Lo studio su 150 soggetti è stato presentato nella sezione poster del 30° Congresso europeo degli urologi in corso a Madrid da un gruppo di lavoro dell'università di Palermo coordinato dal professor Carlo Pavone. Spiega la specializzanda in urologia Cristina Scalici Gesolfo che ha fatto parte del team ed è la relatrice qui a Madrid: "Abbiamo diviso in tre gruppi i partecipanti con una diagnosi di eiaculazione precoce primaria, età media 50 anni (dai 18 ai 70 anni) e seguiti per venti settimane. Ai due gruppi (di 60 persone ciascuno) che hanno utilizzato il farmaco (dapoxetina) è stato prevista la dose di 30mg e fino ai 60 mg per i non responder. La psicoterapia (secondo gruppo di 60 persone e gruppo di 30 persone solo psicoterapia) utilizzata è stata una terapia analitica di gruppo, dopo un primo incontro individuale". I risultati sono stati quantificate secondo due tipi di scale, una delle quali riguarda i secondi guadagnati in termini di tempi di eiaculazione. Ebbene, utilizzando il solo farmaco dai 79,75 secondi si è arrivati a 203 secondi; il gruppo che ha utilizzato solo psicoterapia è passato dai 75 secondi ai 323; il gruppo che avuto una terapia combinata (farmaco + psicoterapia) dai 74,3 secondi a 600. Un evidente progresso. Il professor Mirone, annunciando la prossima pubblicazione di un ampio lavoro proprio sulla eiaculazione precoce, anticipa un dato significativo: quasi 5 milioni di maschi italiani ne soffre, si parla di un 17% di prevalenza nella popolazione maschile, maggiore di quella (12,79%) legata alla disfunzione erettile (quasi 3,5 milioni di uomini). "Si tratterà di uno studio che ha coperto una durata di dieci anni - spiega Mirone, già presidente della Società italiana di andrologia - e l'aspetto che si riproporrà, tra gli altri, e che ha a che vedere con la psicoterapia, riguarda la presenza della depressione e il quesito se l'eiaculazione precoce inneschi la depressione o avvenga il contrario".
Sotto, rara e curiosa immagine del Luigi Ferraris, con lo striscione FdG lungo i Distinti. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 28/03/2015 @ 07:14

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che un falò di libri in piazza. Forza Nuova ha organizzato a Milano, oggi sabato alle 15 in piazza Oberdan, un rogo dal sapore medioevale con i libri illustrati per bambini e ragazzi che secondo l'organizzazione di strema destra vengono "subdolamente fatti leggere nelle scuole ai nostri bambini per indottrinarli secondo la cultura del gender che mira a sovvertire la normale natura sessuale". Un'iniziativa diretta in particolare contro i testi di una casa editrice, Lo Stampatello, che ha pubblicato negli ultimi anni diversi albi illustrati anche da Altan, libri che raccontano i tanti diversi tipi di famiglie che esistono al mondo: famiglie monogenitoriali, omosessuali, separate, ricomposte, allargate, formate, con bambini adottivi o affidatari. Libri che a Forza Nuova non piacciono e che sono stati contestati in tante città italiane in cui le biblioteche scolastiche li avevano anche solo in dotazione. Appena questa notizia si è diffusa, la sinistra milanese si è mobilitata chiedendo al prefetto di annullare la manifestazione con il gazebo e il rogo dei libri. L'associazione I sentinelli ha convocato immediatamente una contromanifestazione che si terrà sempre in zona Venezia per cercare di boicottare l'iniziativa di Forza Nuova: le adesioni sono già centinaia. "Basta con i giochini sconci sulla mastubazione nelle materne, i libretti osceni spacciati nelle elementari e nelle medie come iniziative contro il razzismo e il bullismo - dice Marco Carucci, portavoce di Forza Nuova - Ma basta anche con le iniziative aziendali per tutelare gli omosessuali. In privato i gay facciano quel che credono, ma non chiedano di essere privilegiati in pubblico". Sul volantino di covocazione ci sono slogan roboanti: 'La battaglia è adesso! E' giunta l'ora di accendere i fuochi , è giunta l'ora di sguainare le spade'. Dal fronte opposto replicano diversi consiglieri comunali del Pd, tra cui Carlo Monguzzi, Paola Bocci, Lamberto Bertolè, David Gentili e Alessandro Giungi: "Bruciare i libri che hanno a tema l'omosessualità era un comportamento tipico del regime nazista. Tale orrendo ritorno al più terribile dei passati deve essere censurato e respinto, con il massimo impegno, dalle forze democratiche, politiche, sociali, istituzionali, milanesi e nazionali. Milano, città medaglia d'oro della Resistenza, nel settantesimo anniversario della Liberazione non può subire un simile oltraggio", scrivono chiedendo di vietare la manifestazione e valutare "l'eventuale violazione delle norme penali e costituzionali che puniscono l'apologia di fascismo e la ricostituzione del partito fascista". Anche i Sentinelli sono indignati: "Iniziative come questa ricordano i roghi di libri organizzati dai nazisti in Germania nel 1933. Milano è una città democratica e antifascista e rifiuta con decisione che accadano simili provocazioni. Invitiamo i cittadini milanesi a venire in piazza Oberdan con in mano uno dei libri contenuti nella lista in questione, o libri come quelli di Saffo, Tondelli o Oscar Wilde, e a leggerli assieme a noi".
Sotto, correva l'anno 1979, al posto di Pruzzo arriva Roberto Russo, semibidone e indimenticabile al tempo stesso. E forza Genoa!

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